La madre di tutti i guai? Le Olimpiadi del 2004

Per ospitare i Giochi la Grecia ha truccato i suoi conti. Dovevano essere l'occasione per il rilancio di un Paese, invece sono diventati la rovina di un continente

La madre di tutti i guai? Le Olimpiadi del 2004

L’Europa ha cominciato a crol­lare il 5 settembre 1997. Senza sa­perlo: maledetta Grecia e maledet­te le sue Olimpiadi. Gliele assegna­rono quel giorno di 14 anni fa: ri­sarcimento per non aver affidato ad Atene i Giochi del 1996, quelli del centenario. Risarcimento, pro­prio così dissero tutti. Pazzesco no? Risarcimento al Paese che sta mandando tutti a catafascio. Come indennizzare uno che ha il vizio del gioco d’azzardo. Il pa­radosso dei paradossi è questo, ora:l’Eu­ropa e poi il mondo sono tenuti per il col­lo da quella storia che sembra non c’en­trare e invece è la base di tutto. Perché la Grecia ha mentito a se stessa e a tutti per ottenere di riospitare i Giochi che i suoi antenati avevano inventato e che i suoi avi avevano trasformato poi in un even­to globale. Siamo lì,rovinati dall’oro mi­tologico di Stefano Baldini che vinse la maratona più importante della storia senza sapere che lo stadio nel quale trionfò, il podio su quale gli infilarono la medaglia al collo, il villaggio olimpico nel quale alloggiò per un mese, erano co­struiti su una montagna di debiti e su una clamorosa e gigantesca bugia inter­nazionale: Atene ha mentito per anni sui suoi conti, li ha truccati, ritoccati, ri­visti, abbelliti: tutto per ottenere dal pia­neta quel malaugurato sì all’organizza­zione dell’Olimpiade 2004.

S’erano innamorati tutti del miracolo greco: per l’intero periodo della costru­zione, Atene fu presa come modello di sviluppo politico, sociale, persino urba­no. Atene, la città più caotica della terra, trasformata per qualche mese in un pun­to di riferimento, in un gioiello di effi­cienza e funzionalità. Succede sempre così: gli altri meglio di noi, quindi anche i greci, quindi anche chi negli ultimi due­mila anni è stato ai margini della storia e della attualità. Però piaceva la Grecia in quei giorni, anche a noi. La grande occa­sione, il grande rilancio, la grande sfida. Tutto grande, quando non si spingeva­no addirittura a definire ogni cosa ri­guardasse la Grecia «grandissimo». An­che i personaggi diventarono improvvi­samente popolari. Dora Bakoyannis,al­l’epoca sindaco di Atene, paragonata a Hillary Clinton, a Condoleezza Rice, ma pure a Margaret Thatcher o a Madre Te­resa di Calcutta: una santa laica, che da donna in un Paese di maschi e maschili­s­ti, aveva avuto la forza di portare la pro­spet­tiva femminile per la grande rincor­sa della Grecia verso il suo futuro.

Disse­ro che alla fine dei giochi sarebbe diven­tata ministro degli Esteri per quanto era brava. Oggi è scomparsa, coperta dalla montagna di trucchetti finanziari e di sbianchettamenti della realtà che han­no occultato al mondo le reali condizio­ni del suo Paese e della sua città per di­vertirsi con i Giochi olimpici. All’epoca le credevano, però. Scrissero così, in molti: «Atene ha puntato tutto sulle Olimpiadi, otto miliardi di euro. Con tre scommesse: la crescita dell'occupazio­ne, del turismo, del Pil. Obiettivo: abban­donare il ruolo di Cenerentola e diventa­re un Paese forte nella Ue».
Di forte, poi, la Grecia ha avuto soltan­to
lo schiaffo dal mondo. Il sogno di un Paese moderno s’è schiantato sui libri contabili dello Stato: non era passato ne­anche un mese dalla fine delle Olimpia­di e Le Monde pubblicò un’inchiesta in due puntate nella quale si raccontava che dal 1997 in poi i governi greci aveva­no gonfiato i loro numeri per far bella fi­gura agli occhi del resto del mondo, che avevano artefatto i bilanci pubblici per ottenere credibilità. Nel 2000 il deficit non era stato del 2 per cento del Pil, co­me annunciato dal governo di Atene, ma del 4,1 per cento. Nel 2001, l'anno in cui il Paese era entrato nella zona dell' euro, la cifra reale era del 3,7 per cento, non dell'1,4. Nel 2004, il dato corretto era 5,3 per cento invece di 1,2. Tutti i dati forniti dalla Grecia erano semplicemen­te falsi. Un imbroglio senza precedenti, come lo definì qualche mese dopo Jo­aquim Almunia, Commissario europeo per gli Affari Economici e Monetari. Un bidone agevolato dalla complicità e dal­la cecità degli altri: se Le Monde svelò la vergogna,c’erano molti altri che sapeva­no. Altri hanno coperto, in giro per l’Eu­ropa. D’altronde con le Olimpiadi di Ate­ne ci hanno guadagnato in tanti: le azien­de che hanno costruito gli stadi, quelle che hanno venduto i tram ad Atene, quelle che hanno fornito gli aiuti milita­ri contro il terrorismo. Ognuno aveva l’appoggio dichiarato o tacito del pro­prio governo.

Tutti al gran ballo dei Gio­chi: la Grecia ha mentito per sentirsi quella che non è. I cinque cerchi, il cen­tro del mondo per un mese. Ad Atene si vantano di essere stati i primi nella sto­ria a pronunciare la parola «Europa». Forse qualcuno li maledirà anche per questo.

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