Cronaca locale

Maggiordomo inglese per Zuzzurro e Gaspare

Comicità anglosassone e satira feroce nel testo di Joe Orton

Viviana Persiani

Dalla drammaturgia francese a quella americana, per fare un balzo a tempo di risate tra le irresistibili righe di un lavoro britannico, pregno di comicità e di sagacia linguistica, tipicamente anglosassoni. Senza tradire la forza collante della coppia Gaspare e Zuzzurro, la sua audacia comica e il suo essere alternativa, Andrea Brambilla e Nino Formicola, sostenuti da un ottimo cast, sulla scena del Teatro Manzoni daranno vita, da martedì, a Quel che vide il maggiordomo dell'inglese Joe Orton.
Intrecci imprevedibili, equivoci, situazioni imbarazzanti, senza trascurare la grande modernità di tematiche che, dalla paura, all'omosessualità, dalla violenza, al potere, sono gli ingredienti ideali che hanno reso questa commedia un meccanismo ad orologeria davvero esilarante, ma non per questo di comicità scontata e banale. Come afferma Nino Formicola che, nei panni dell'ispettore del ministero della Sanità, racconta come non sia stato così semplice plasmare la scrittura di Orton.
«Ecco perché si tratta di un testo poco frequentato: la pièce prevede diversi livelli di interpretazione ed è per questo che per noi attori e anche per Andrea Brambilla che ne ha firmato la regia, si è trattato di un lavoro ostico. Tra le diverse commedie di Orton, questa è senza dubbio la più conosciuta».
Dove risiede la difficoltà?
«Nacque come satira feroce contro la borghesia, contro i benpensanti, contro la classe politica, con la quale Orton si scagliò contro l'ipocrisia, costante di tutto il lavoro. Il testo si può leggere attraverso la chiave comica, ma se non si volesse fare ridere, l'autore offre una scrittura geniale, malleabile, capace di stravolgere qualsiasi struttura costruitale attorno. Ci sono poi interessanti rimandi ad altri drammaturghi; la farsa gode di una ricchezza di fonti tra le quali si può riconoscere ad esempio, citazioni di Shakespeare o i dialoghi paradossali del teatro dell'assurdo o di Oscar Wilde».
Ma chi è questo maggiordomo?
«È solo un punto di vista, come se l'intera vicenda fosse guardata da qualcuno dal buco della serratura. Il maggiordomo nemmeno esiste in scena».
Come sono dipinti i personaggi da Orton?
«La vicenda, ambientata in uno studio di psichiatria, si snoda attorno ai numerosi personaggi tratteggiati come se fossero "il peggio di... ". Sempre in equilibrio precario tra la pulsione sessuale e il bisogno di conformarsi alla società, abbiamo la moglie ninfomane, l'ispettore onnisciente, il fattorino omosessuale: insomma, in un quadro alquanto poco incoraggiante, l'unica cosiddetta "normale" pare essere la segretaria, rappresentante dell'ingenuità e della purezza di una società malata di ipocrisia».
Come mai anche voi approdate sempre a pièce straniere?
«Anzitutto noi italiani non abbiamo una tradizione di commedia brillante dalla quale attingere; e poi i teatri vogliono nomi altisonanti.

Abbiamo provato a proporre qualcosa scritto da me e da Andrea, ma il nuovo assoluto è destinato a soccombere».

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