Magica polvere di stelle con Giannini e Virna Lisi

Ilary Blasi vincente Pieraccioni un mattatore

Cristiano Gatti

nostro inviato a Sanremo

Stremati alla meta. Quando ormai albeggia, secondo una pessima abitudine lanciata quest'anno, anche l'ultima puntata del kolossal di Riviera cala la saracinesca. Sulle sue virtù e sulle sue vergogne. Per alcune cose, per alcuni momenti, la nostalgia è forte. Bisogna riconoscerlo. È soprattutto questa tappa finale, rimodellata in simil-Oscar, a lasciare il rimpianto più dolce. La raffinata apertura con il Vecchio frac di Giancarlo Giannini (voto 10), il Volare finale del doppio misto Pausini-Ramazzotti (voto 10), oppure le loro stesse esibizioni amarcord, oppure Bocelli con la Aguilera (voto 8), oppure ancora la voce di Anastacia e la classe di Virna Lisi: nessuno può negare siano tratti di buon Festival.
Purtroppo, sono solo le scene finali di un film che non ha fatto cassetta. Gli ascolti, peggiori persino della peggiore Ventura 2004, spiegano praticamente tutto da soli. Aggiungono poi il direttore Del Noce (voto 4) e il presentatore Panariello (voto idem) che si paga pesantemente il disastro della prima serata, considerata da tutti determinante perché crea o distrugge l'interesse (non a caso, loro ci hanno messo i poveri resti di John Travolta: sotto il profilo dell'interesse, uno sfollagente).
Il problema degli ospiti è reale: vengono soltanto se hanno una bancarella da aprire. Verdone e Pieraccioni vendono l'ultimo film, Bloom vende l'ultimo film, la Cucinotta l'ultimo film (anche se benefico), Giannini il prossimo film, Cena vende il wrestling, Cocciante il prossimo musical. Faletti fa l'offerta speciale: libro più film. Travolta fa addirittura i saldi: di se stesso.
Gente disinteressata, che al limite si accontenti di piazzare una vecchia lavatrice, non se ne trova. Ma questa è soltanto una parte piccola, diciamo pure infinitesimale, della verità. Perché serata dopo serata il modulo di gioco non è mai cambiato: buona la sezione musicale, sia dei concorrenti che degli ospiti, ma decisamente agghiacciante la parte spettacolo. Di cinque giornate all'Ariston, resterà nella memoria soltanto il monologo di Leonardo Pieraccioni (voto 10), effettivamente degno di un grande show. Il resto, uno strazio. Ed ecco dunque i veri assassini del Festival: gli autori (voto 1, da suddividere equamente). Battuta dopo battuta, questi mandanti impuniti hanno armato lo spietato killer chiamato Panariello. In nove (lui compreso), si sono messi: nel campo giudiziario ci sarebbero tutti gli estremi dell'associazione a delinquere, ma per loro fortuna siamo solo nel settore intrattenimento. I danni, comunque, sono ingenti. Da un punto di vista dell'umorismo, mettendo assieme gli sketch del vecchio Pan e di Victoria Scaramacai Cabello (voto 2), sono riusciti a fare strike. Tutti spaventosi. Fossero riusciti anche solo a sbagliare qualche mossa, cioè ad azzeccarne qualcuno, Panariello non sarebbe conciato com'è adesso. Come un tizio appena uscito dalla centrifuga.
Eppure Panariello li difende. Perché Panariello, gli va sinceramente riconosciuto, è una persona seria (a quella, voto 9). Un uomo che risponde dei propri atti, che non scarica, che non accampa scuse. Ci mette la faccia. Per questo, nonostante lo sfacelo, risulta più simpatico che all'inizio. Anche perché alla fine veste i panni del cristo in croce, che smuove sempre le tenerezze. Peccato soltanto sia entrato come comico ed esca al massimo come amabile intrattenitore. Pan è il simpaticone che tutti quanti vorremmo avere a tavola, nelle cene con gli amici, per sentire due bischerate senza pretese. Altra cosa il Panariello direttore artistico. Diciamolo: troppo grande questa cosa per le sue povere spalle di uomo semplice. Basta vedere come recluta gli autori.
È invece sorprendente, nel suo genere e nel suo ruolo, Ilary Blasi (voto 7). Entra nel tritacarne come valletta, fa benissimo il suo mestiere di valletta, ne esce sicuramente più quotata. Sa stare al suo posto. Il suo seno un po' meno (comunque voto alto).
Chiude Victoria Scaramacai Cabello. Voce gradevole come il trapano di un dentista, entra a Sanremo da fenomeno e ne esce in frantumi. È la sorella petulante che tutti quanti strozzeremmo nottetempo.

Come a prendere subito le distanze, come a rientrare subito nel ruolo da intellettuale prestata al nazional-popolare, annuncia compiaciuta «già da quest'oggi tornerò a fare la televisione che più mi piace, su Mtv». Ecco, vada. Nessuno la rimpiangerà.

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