Dottor Gratteri, possiamo approfondire questa storia dei politici e della cocaina? «Non penso proprio dopo l’articolo che mi avete dedicato in prima pagina». Nicola Gratteri, capo della Procura di Napoli, risponde così ieri alla richiesta del Giornale di capire esattamente a cosa si riferisse, quando a due ondate, nei giorni scorsi, ha detto la sua opinione sui test ai magistrati introdotti dal governo Meloni. Prima, in una intervista alla Stampa, ha proposto di «fare i test anche a chi ci governa, e mettiamoci anche alcool e droga». Poi col Tg1 ha rincarato la dose: «una persona può essere ricattata se è stata fotografata vicino a della cocaina». Ragionamento generico o riferimento a politici specifici? Gratteri, purtroppo, declina l’invito a chiarire. E si duole per l’articolo che ipotizzava, tra le spiegazioni della sua uscita, quella di un «messaggio in codice» inviato a chi di dovere.
Nell’attesa di capirci meglio, con le sue esternazioni Gratteri si è conquistato la leadership dell’ala dura delle toghe, quella che non accetta la prospettiva dei test psicoattitudinali e si prepara a contrastarne l’entrata in funzione. A indicare la linea è ieri il segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Salvatore Casciaro, che accusa il governo di avere esorbitato dai suoi poteri: il decreto emanato martedì sera era previsto dalla riforma Cartabia sull’ordinamento giudiziario, che però in nessun passaggio apriva la porta ai test psicoattitudinali. Il ministro Carlo Nordio sostiene che a chiedere l’introduzione dei test sono state le commissioni Giustizia di Camera e Senato, «e non si poteva fare finta di niente». Ma che il governo, come dice Casciaro, abbia agito «in eccesso rispetto ai limiti della delega» è verosimile, e non è da escludere che a questo punto l’Anm chieda che a azzerare la norma sui test sia la Corte Costituzionale.
D’altronde la pressione contro i test psicoattitudinali vede in campo magistrati praticamente di tutte le correnti, ieri anche un giudice generalmente pacato come il presidente del tribunale di Milano Fabio Roia usa parole impegnative, il decreto sarebbe «improprio, irrazionale, dannoso, finalizzato al conformismo giudiziario».
Roia contesta sia i test attitudinali che il fascicolo del magistrato, quello dove confluiranno «a campione» gli atti compiuti dal magistrato per valutare le sue richieste di carriera. La tesi è che, per non correre rischi di bocciatura, i magistrati nei loro atti si adeguerebbero alla giurisprudenza prevalente.
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