Magistratura

Dossier, venti di guerra nella Procura di Perugia

Il Pg Sottani preannuncia provvedimenti contro il pm Cantone: troppe "anomalie" nei rapporti con i media

Dossier, venti di guerra nella Procura di Perugia

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E adesso è scontro aperto all’interno della magistratura intorno alle inchieste sui dossier usciti dalla Direzione nazionale antimafia.
Mentre la mole di notizie segrete passate ai giornali (ma non solo ai giornali) dal luogotenente della Guardia di finanza Pasquale Striano e dal suo capo, il pm Antonio Laudati, è ancora lontana dall’essere quantificata, l’intera gestione della delicata vicenda da parte del procuratore di Perugia Raffaele Cantone finisce sotto accusa da parte di un’altra toga di grande autorevolezza: Sergio Sottani, procuratore generale di Perugia, che per legge deve vigilare sulla correttezza dei comportamenti di Cantone e dei suoi pm. E che ieri dirama un comunicato asettico nella forma ma duro nella sostanza: Sottani promette di «segnalare agli organi deputati al controllo quelle che potrebbero apparire eventuali anomalie comportamentali nell’esercizio della funzione giurisdizionale». Quasi un preavviso di procedimento disciplinare.
Cosa non è piaciuto, a Sottani, del comportamento di Cantone? Il riferimento esplicito è alla gestione pubblica della vicenda, compresa la richiesta del procuratore (subito esaudita) di essere interrogato dalla commissione parlamentare Antimafia insieme al capo della Dna Giovanni Melillo: una audizione congiunta che Sottani definisce gelidamente «inusuale» e i cui contenuti sono finiti subito sui giornali. La pesantezza delle dichiarazioni di Cantone, così come sono state riportate dalla stampa potrebbero avere violato «il rispetto della presunzione di innocenza».
Non c’è solo il caso dei dossier alla Dna, nel comunicato di Sottani. Il procuratore generale cita anche la vicenda che in qualche modo ne è il precedente, le notizie sul caso Palamara prelevate dai computer della procura di Perugia da un cancelliere, Raffaele Guadagno, e passate a giornalisti amici.

Da quella inchiesta sono emerse in questi giorni, pubblicate dalla Verità, conversazioni sconcertanti di magistrati in servizio alla procura di Perugia.

Tra cui quelle del pm Gemma Miliani che parlando con il cancelliere Guadagno insulta proprio Sottani, allora in procinto di essere nominato procuratore generale: lo definisce «malvagio», «non mi è mai piaciuto e ora meno che mai».

Di questa, e di tutte le intercettazioni che raccontavano i rapporti occulti tra i magistrati di Perugia e la stampa, Sottani non è mai stato messo al corrente. In questo modo, dice in sostanza il procuratore generale, non sono stato messo in grado di fare il mio dovere di vigilare, e nel caso di dare impulso all’azione disciplinare. Ma è chiaro che il cuore del comunicato del procuratore generale sta nella parte dedicata alla vicenda dei dossier, quando in sostanza accusa Cantone di avere reso pubblico almeno in parte il contenuto di indagini ancora in corso e segrete, e di avere anticipato giudizi. Come quando Cantone disse «Striano non ha agito da solo», quando rese noto il numero dei file scaricati e delle segnalazioni spiate, quando usò parole come «verminaio», «mostruoso», «inquietante» per descrivere quanto stava scoprendo.

Sembrerebbe uno scontro sul rispetto delle regole, e non sulla sostanza dell’inchiesta: dove Cantone ha il merito indiscutibile di avere scoperchiato un sistema criminale che la Procura di Roma aveva solo sfiorato.

Ma proprio perché si toccano tasti esplosivi, sembra dire Sottani, bisogna che chi indaga sia inattaccabile.

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