"Eri indagato, dillo...". Palamara gela la toga

Musolino (Md) attacca l’ex pm che telefona a "Quarta Repubblica" e lo smaschera

"Eri indagato, dillo...". Palamara gela la toga
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Antiche ruggini e nuovi rancori. «Si vede che Palamara è sofferente», colpisce Stefano Musolino, procuratore aggiunto di Reggio Calabria e soprattutto segretario di Magistratura democratica. «La doppia morale da lui anche no», replica Luca Palamara, sempre più infuriato. Nello studio di Quarta Repubblica si accende un battibecco che Nicola Porro fatica ad arginare. Fino ad un attimo prima si parlava del referendum sulla separazione delle carriere e fatalmente il dibattito era scivolato sulle chat di Palamara e sul cosiddetto sistema Palamara, descritto in un libro di successo da Alessandro Sallusti, pure ospite di Porro.

Palamara non c'è, ma qualcuno lo informa, lui interrompe una cena, telefona ed irrompe nella discussione: «Farmi dare del condannato da Stefano Musolino, anche no».

Musolino ascolta la requisitoria e quel dito puntato contro di lui in silenzio, aspettando l'attimo giusto per replicare. Ma l' ex Presidente dell'Anm va giù sempre più pesante: «Facciamo dire a lui se è stato indagato. Fa il ventriloquo di Magistratura democratica, ma se la tenesse per lui».

A che cosa allude l'ex Presidente dell'Associazione nazionale Magistrati? Si potrebbe pensare alle solite vorticose chat in cui autorevoli toghe mercanteggiavano con Palamara promozioni, scambi di favore, baratti fra correnti. Insomma, tutto il repertorio emerso negli anni scorsi, fra silenzi imbarazzati e inspiegabili amnesie dei protagonisti. Ma non è così. Musolino in quel mulinello di chiacchierate, caffè volanti e sms per mettere a posto quel candidato o quella carriera non c'è. E infatti Palamara insiste su un altro tasto: «Mi faccia dire agli italiani chi rappresenta Magistratura democratica e per quali reati è stato indagato». Di più: «Lui racconti ai suoi figli se è stato indagato o no e da chi è stato interrogato».

Il parapiglia semitelefonico e del tutto inatteso va avanti. Musolino occupa una posizione di vertice nell'organigramma di Md. Ma questo non spiega. Musolino è finito sui giornali l'hanno scorso per aver partecipato in Calabria, la sua Regione, a un evento promosso dai No Ponte, schierandosi contro il governo Meloni. Per questa vicenda alcuni consiglieri laici di centrodestra avevano proposto il trasferimento per incompatibilità ambientale ma il plenum del Csm ha detto no.

Ancora, qualche tempo fa, nel corso del programma Piazzapulita su La 7, Musolino spiega a Corrado Formigli di ritenere «pericolosa Meloni quando invita la magistratura ad essere collaborativa» sul tema dei migranti. Prese di posizione che ne fanno una figura di peso nel mondo delle toghe progressiste. Ora però si scopre che nel suo curriculum c'è una macchiolina, un'accusa insidiosa ma poi caduta, di calunnia. Ed è a quella che Palamara pensa, senza svelare in pubblico i contorni della storia. Un incrocio pericoloso fra i due.

Alla fine degli anni Novanta, Musolino si rivolge all'autorità giudiziaria per ottenere lo sgombero di un terreno di proprietà di una vecchia zia. I carabinieri ascoltano la controparte e, a sorpresa, iscrivono lui nel registro degli indagati per un reato pesante come la calunnia. Insomma, avrebbe raccontato ai militari una falsa storia. Palamara indaga sull'allora giovanissimo collega e alla fine chiede l'archiviazione. «Lui deve avere il coraggio di parlare, non si deve vergognare. Lui racconti ai suoi figli se è stato indagato, se è stato interrogato e chi gli ha permesso di fare il magistrato», afferma l'ex numero uno dell'Anm, prima di riattaccare la cornetta.

Musolino scioglie allora almeno in parte l'enigma: «Prima ancora di diventare magistrato sono stato indagato. Lui era pubblico ministero e ha chiesto l'archiviazione, spero in scienza e coscienza».

Per Musolino siamo davanti a un «pettegolezzo». Quel che si capisce a casa è che anche dentro la corporazione togata i rapporti non sempre sono lineari ma si portano dietro come i fiumi scorie e detriti. Chissà cosa altro verrà fuori fino al referendum di primavera.

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