"Due milioni di euro in intercettazioni". L'inchiesta flop sul centrodestra in Basilicata

Per la prima volta un politico raggiunto da misure cautelari decide di non dimettersi, e alla fine il tribunale gli ha dato ragione. L'intervista al consigliere della Basilicata Rocco Leone

"Due milioni di euro in intercettazioni". L'inchiesta flop sul centrodestra in Basilicata

Rocco Leone è un pediatra, e come spesso accade ai medici dei piccoli comuni diventa sindaco del suo paese, Policoro, in Basilicata. Nel 2019 si candida alle regionali, risultando il primo degli eletti. Il generale Bardi, eletto governatore, lo nomina assessore regionale alla Sanità. Il 7 ottobre 2022 Rocco Leone viene raggiunto insieme ad altri colleghi di centrodestra da misure cautelari per una inchiesta a strascico con 100 indagati sulla gestione della sanità lucana. Tra loro il presidente Bardi, indagato per peculato per aver usufruito di 3 tamponi Covid sottraendoli alla Asl.

I politici colpiti da misure preventive si sono dimessi dai loro ruoli elettivi, come spesso sono costretti a fare gli indagati che ricoprono ruoli pubblici in cambio della liberazione dalla custodia cautelare. Che è ormai è diventata una vera e propria forma di ricatto con cui viene sovvertita la volontà degli elettori attraverso l'abuso degli arresti preventivi. Il comune di Lagonegro è stato sciolto con le dimissioni del sindaco, anche lei oggi liberata.

L'unico a non essersi dimesso è stato Rocco Leone, consentendo al consiglio regionale di non sciogliersi. Ma ha inviato una lettera ai lucani per spiegare la sua decisione: "Il motivo di questa lettera vuole essere un chiarimento ai circa 4500 lucani che mi hanno onorato della loro fiducia. Sarebbe stato molto semplice chiudere la vicenda giudiziaria con le dimissioni ma non lo farò, per rispetto del mio essere uomo e della mia storia personale, del mio lavoro (che mi ha dato il pregio di seguire in circa 40 anni migliaia di famiglie lucane), della onorabilità mia e della mia famiglia. Voglio ribadire che la mia vita professionale non è stata mai caratterizzata dall’interesse economico (sono sempre stato a fianco dei deboli, dei bisognosi, degli ultimi). Non mi sono dimesso e non intendo dimettermi non per attaccamento alla poltrona ma perché intendo portare avanti una battaglia di libertà. In oltre 40 anni di politica - scrive Leone- ho sempre agito nei vari ruoli che ho rivestito, nell’esclusivo interesse del popolo lucano. Anche nel mio ruolo di Assessore alla Sanità, in un momento particolarmente difficile, ho sempre operato con onestà intellettuale e trasparenza, alcune volte con il mio carattere forte, però sempre nel rispetto della legge e nell’interesse dei cittadini. Da questo momento potrei dire, come si fa di prassi, che ho fiducia nella giustizia, invece dirò che di QUESTA GIUSTIZIA HO PAURA; sono stato definito “pericoloso socialmente” ma la mia intera vita, professionale e politica, è stata caratterizzata dalla passione, dal sogno di poter dare un contributo per una società migliore. INDIVIDUO SOCIALMENTE PERICOLOSO È COLUI CHE ABUSANDO DEI POTERI DELLO STATO, SENZA CERTEZZE, SMEMBRA LA VITA DELLE PERSONE. Io ho sempre operato curando la vita e la dignità delle persone. Sia ben chiaro che per tutto questo non mi dimetterò ed a costo di passare gli ultimi anni della mia vita nei tribunali, riconquisterò la mia dignità ed il mio onore che sono stati calpestati. Lo devo a me stesso, ai miei figli, ai miei famigliari ed alle migliaia di persone che nel corso della mia vita mi hanno amato e rispettato".

Ma il tribunale per la legge Severino lo sospende dal consiglio regionale, e la maggioranza vacilla. Le prime pagine dei quotidiani a tiratura nazionale titolano contro il centrodestra che fa affari sulla sanità lucana. Il Pd e i 5 stelle chiedono le dimissioni e la decadenza di tutta la giunta.


Dopo il clamore, la settimana scorsa, in silenzio, il tribunale del riesame ha detto che la procura aveva sbagliato, non andavano fermati. Tutti gli indagati sono tornati liberi, e i consiglieri, sospesi dalla Severino, riprendono il loro posto tra i banchi del Consiglio regionale che finalmente ha i numeri per riprendere la sua attività a servizio dei cittadini. Aveva fatto bene Rocco Leone a non dimettersi, e consentire al consiglio di non sciogliersi.

Lo abbiamo raggiunto al telefono, e ci ha raccontato perché è stato così coraggioso: “Sono una persona estremamente cristallina e non ho mai avuto paura di resistere a ciò che mi è piovuto addosso. Sono stato intercettato sia nella stanza che al telefono per due anni e non è venuto fuori niente tant’è che il tribunale del riesame sulla mia persona si è espresso dicendo che non c’è alcun indizio. Io faccio il pediatra e vedo i bambini di mezza Basilicata, ho deciso nella mia vita di non diventare ricco e aiutare gli altri. Nessuno ha creduto a quanto stava accadendo, la conoscenza personale di tanta gente negli anni ha un peso. Io ho sempre dato, facendo volontariato internazionale con la caritas, la mia vita personale mi ha dato la forza. Da sindaco non ho mai avuto un rinvio a giudizio. Questo era il mio messaggio a quei pm: nonostante voi smembrate la vita delle persone io non ho paura di voi. Ci sarà qualche magistrato che saprà riconoscere la verità. Anche se c’è stata malafede nel voler distruggere le persone. In una intercettazione io dico “ti chiamerà Pompea" che è la mia compagnia, ma secondo la procura usavo pseudonimi per coprire i traffici”.

Una indagine che avuto tre proroghe, era un anno e mezzo che Leone sapeva di essere intercettato, senza che fossero riusciti a trovare niente. “Durante la pandemia prendevo la borsetta e dopo aver fatto le mie ore da pediatra e assessore regionale, andavo a visitare gli adulti a casa, perché sapevo che i medici di base non lo facevano ed era stata una mia battaglia da assessore alla salute”. “Dopo che hanno speso due milioni di euro in intercettazioni non credo molleranno l’osso facilmente. Ma il tribunale del riesame non è stato tenero con la procura. Questo in Basilicata è già accaduto altre volte, perché non si cerca la giustizia, ma la prima pagina dei giornali”.

Anche le ultime due giunte

regionali della Basilicata, di centrosinistra, sono state sciolte dopo gli avvisi di garanzia: quella Pitella e quella De Filippo. Tutte, dopo anni, assolte. Quei magistrati sono ancora lì.

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