
Diversi dei migranti provenienti dal Bangladesh che lo scorso 18 ottobre 2024 sono stati trasferiti in Albania nel Cpr di Gjader hanno ottenuto la protezione internazionale e sussidiaria da parte del Tribunale civile di Roma, sezione specializzata in materia di Immigrazione. Il loro trattenimento non venne convalidato e secondo quanto appreso da LaPresse i giudici hanno rigettato i dinieghi emessi con procedura accelerata e di frontiera, sollevando dubbi sulla legittimità della classificazione del Bangladesh come "Paese di origine sicuro".
Tra quelli che hanno ottenuto la protezione c'è un uomo che ha lasciato il proprio villaggio per sfuggire a condizioni di povertà, debiti e minacce di morte. Durante il viaggio verso l'Italia è stato catturato in Libia ed è rimasto in una delle prigioni del Paese, dove ha raccontato che lo avrebbero torturato, fino a quando la sua famiglia non ha pagato la cauzione. È stato poi intercettato e portato in Albania, dove è stato sottoposto a una procedura accelerata per il rimpatrio, dopo che la sua domanda è stata respinta il 17 ottobre 2024, il giorno prima del trasferimento a Gjader. Per il tribunale di Roma il suo racconto è fondato e lo ha riconosciuto come "vittima di tratta" appartenente a un "particolare gruppo sociale" ai sensi della Convenzione di Ginevra.
Nella sentenza di riconoscimento della protezione è stato messo l'accento sulla designazione caso per caso della posizione del richiedente, anche in presenza di designazioni generali di sicurezza. "Il concetto di Paese sicuro non può essere ridotto a una valutazione geopolitica: anche in Stati formalmente stabili, chi vive in condizioni di estrema vulnerabilità può subire violenze gravissime. La sentenza valorizza il potere del giudice di verificare, caso per caso, la legittimità della designazione di un Paese come 'sicuro', avvalendosi di fonti plurime e diverse da quelle dell’amministrazione", ha dichiarato Paolo Iafrate, docente all’Università di Roma Tor Vergata e difensore dei migranti.
L'avvocato richiama quindi la Corte di Giustizia Internazionale, sottolineando che "le decisioni notificate l’8 agosto 2025 riprendono (anche se emesse antecedentemente) le argomentazioni della sentenza della Grande Camera della CGUE, che ha ribadito l’importanza del ruolo del giudice che ha pieno potere di valutare, in relazione al caso concreto che gli viene sottoposto, la legittimità della designazione di Paese sicuro nel senso di valutare se rispetti i criteri giuridici previsti dal diritto europeo".