La scelta delle manette e il salto di qualità nello scontro col Comune

"Rischio inquinamento". Gli indagati saranno davanti al giudice il 23 luglio

La scelta delle manette e il salto di qualità nello scontro col Comune
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Possono inquinare le prove, dall'alto della loro posizione dentro il Comune e alla testa delle loro grandi aziende: e per lo stesso motivo «i rischi di reiterazione e aggravamento delle condotte appaiono elevatissimi».

Sono queste le motivazioni che spingono i pubblici ministeri a usare il pugno duro nei confronti dell'assessore Tancredi, del costruttore Catella, chiedendo di metterli agli arresti domiciliari, e di mandare addirittura in carcere altri quattro indagati dell'inchiesta-boom sull'urbanistica milanese. In attesa che il giudice lo interroghi e decida sulla sua sorte, a Manfredi Catella tocca sperimentare la durezza della situazione già ieri mattina: la Guardia di finanza lo individua a bordo di un aereo in partenza dall'aeroporto di Linate, destinazione Londra, insieme al figlio; vengono entrambi invitati a scendere, a Catella padre viene notificato l'invito a comparire il 23 luglio davanti al giudice che dovrà decidere se arrestarlo. Per il grande capo di Coima, il maggiore protagonista della «reinvenzione» di Milano negli ultimi vent'anni, è un brusco ritorno a terra, col coinvolgimento in una inchiesta da cui fino a ieri era convinto di restare fuori.

Che le indagini sull'urbanistica fossero destinate a fare un salto di livello era previsto da tempo, da alcuni passaggi dei fascicoli sulle singole operazioni immobiliari finite nel mirino era chiaro come la Procura fosse convinta di trovarsi di fronte non a singoli episodi ma ad una strategia, a una linea di condotta che non poteva essere frutto dell'iniziativa di qualche burocrate. Un avviso di garanzia verso esponenti della giunta di Beppe Sala era prima o poi quasi inevitabile. Ma che si scegliesse la strada degli arresti era tutt'altro che scontato. Solo la riforma voluta dal ministro Nordio, che ha imposto (tra le proteste di molti magistrati) l'obbligo dell'interrogatorio preventivo prima di fare scattare le manette ha salvato Tancredi e Catella dal rischio di essere arrestati già ieri.

Nel suo comunicato di ieri, il procuratore Marcello Viola scrive che le «misure cautelari» (ovvero gli arresti, a casa o a San Vittore) sono motivati da «nuove e rilevanti emergenze investigative», riassunte nella documentazione che oggi verrà messa a disposizione dei difensori dei sei candidati all'arresto, e dove si parla di un «perverso circuito corruttivo» che ruoterebbe intorno a Tancredi, Catella e a Giancarlo Marinoni, il presidente della commissione Paesaggio (sulla cui attività si parla nelle carte di «eversive degenerazioni»). Ma, dettagli, è chiaro che una scelta così dura è figlia anche dello scontro frontale che intorno all'Urbanistica si è aperto tra Procura e Comune, e dove anche mosse a alto impatto mediatico assumono una loro rilevanza.

Era accaduto, d'altronde, anche per Stefano Boeri, altra vittima illustre di questa stagione di indagini, colpito l'28 gennaio dalla richiesta di arresti domiciliari per la vicenda della biblioteca Beic: una iniziativa che aveva fatto rapidamente il giro del mondo, anche per il ruolo di Boeri alla guida della Triennale.

Dopo avere interrogato l'archistar, il giudice preliminare aveva rifiutato di arrestarlo per mancanza delle esigenze cautelari, e la Procura non aveva neanche presentato ricorso. Il risultato era stato raggiunto comunque.

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