Toghe disposte a tutto contro la riforma. Il caso del magistrato che dà lezioni a Nordio

Gli attacchi al governo si moltiplicano. Dai Cpr in Albania agli sbarchi, tutte le imboscate

Toghe disposte a tutto contro la riforma. Il caso del magistrato che dà lezioni a Nordio
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Il partito delle toghe vuole «vincere» il referendum confermativo previsto nella primavera del 2026 e bocciare separazione delle carriere, Alta Corte disciplinare e doppio Csm a sorteggio.
La riforma smantellerebbe i privilegi di una casta che «erode la sovranità popolare, deraglia dai confini e viene percepita come un establishment», come l’ha definita il sottosegretario Alfredo Mantovano. Per impedirlo la magistratura prepara un Comitato per il «No» e calpesta la Costituzione perché schiera un ordine contro un potere dello Stato e alimenta la disinformazione.
«Con le carriere separate a siamo a rischio indipendenza dalla politica» è la «petulante litania» (copyright Nordio) con cui l’Anm ha alzato le barricate, con Giuseppe Santalucia prima e con Cesare Parodi oggi. Era Giovanni Falcone a chiedere che pm e giudici fossero «due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera» per dare piena attuazione alla riforma del sistema processuale del 1989 e impedire così le derive correntizie al Csm. Senza modificare l’articolo 104 della Costituzione («La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro») il rischio di sottoporre i pm all’esecutivo non c’è. Lo stesso vale per l’articolo 112 sull’obbligatorietà dell’azione penale. Sono bugie, ripetute più volte (forse nella speranza che si avverino...) o forzature: come lo sciopero contro una legge chiesta in campagna elettorale, il flash mob dei magistrati sulla scalinata della Cassazione con le coccarde tricolori contro il Parlamento e una norma ancora da approvare e che alla fine sarà decisa con un referendum.
La polemica di venerdì sul caso Almasri, con il magistrato di Cassazione Raffaele Piccirillo che dà lezioni di diritto a Nordio (le sue valutazioni in Parlamento sono «prive di fondamento giuridico», la frase incriminata a Repubblica) è l’ultima tappa di un’escalation iniziata con l’indagine che ha messo sotto scacco mezzo governo, già oggetto di dossieraggi nati dentro l’Antimafia, processi farsa come Open Arms, provocazioni pubbliche e di bordate via chat, vedi il magistrato di Cassazione legato a Md Marco Paternello che scrive: «Giorgia Meloni è pericolosa».
Al di là dei rilievi impropri sul Guardasigilli - che finché è sotto indagine non può difendersi come vorrebbe, facendo leggere le carte- sono stati Pg e Corte d’Appello a farsi scappare Almasri, come Piccirillo ammette definendo «errata» la loro prospettiva giuridica e «paradossale» la richiesta di un nulla osta al ministro. Perché è sulla «consegna» alla Corte penale che il governo ha margini, non sull’arresto perfettamente in regola.
È l’immigrazione il sentiero preferito per le imboscate, complice una giurisprudenza di Cassazione consolidata (vedi il ricorso dei migranti sulla Diciotti). Su espulsioni e lotta all’immigrazione clandestina il Protocollo Italia-Albania è stato ostacolato con sentenze firmate da toghe dichiaratamente schierate, da Iolanda Apostolico a Silvia Albano. Un’impostazione ideologica su un diritto d’asilo che persino l’Economist chiede di rottamare che presto potrebbe naufragare alla Corte di giustizia europea.


Se la riforma fosse contraria alla Costituzione basterebbe andare alla Consulta anziché nascondersi dietro alibi «tecnici» come quelli espressi nel Massimario della Suprema Corte, diventata suo malgrado l’approdo migliore per smontare riforme e infangare politici (vedi l’appello tecnico di chi si è visto assolvere Matteo Salvini a Palermo), come è successo per i decreti Sicurezza e i due pronunciamenti opposti sulle espulsioni da Gjader e dai Cpr, criticati dal Primo presidente di Cassazione Margherita Cassano. Eppure sono stati inventati più di dieci anni fa dalla sinistra.

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