Maglia nera a Piazza Affari: persi altri 7 miliardi

Milano Il tentativo è andato a vuoto: rimbalzo fallito. Altre perdite, altri smottamenti degli indici, il tallone ribassista che continua a premere sul collo delle Borse, soffocandole. Un’altra settimana di passione va in archivio senza che sui mercati si intraveda il benché minimo spiraglio di luce, mentre s’allungano le ombre di recessione e di una Tobin Tax, l’imposta sulle transazioni finanziarie. Così, dopo aver provato un timido recupero nel pomeriggio, in sintonia con Wall Street (-0,9% a un’ora dalla chiusura), le vendite sono subito riprese. All’Europa sono costate altri 94 miliardi di euro di capitalizzazione andati in fumo, di cui 7,3 miliardi solo a Piazza Affari, ancora una volta la peggiore (-2,5%). Dall’inizio di luglio, Milano è «dimagrita» di ben 120 miliardi.
Ai listini servirebbe ben altro che l’apertura agli Eurobond ventilata da Bruxelles, una piuma sulla bilancia del panico. C’è uno squilibrio tangibile tra le notizie positive e quelle da insonnia assicurata. Inquietano gli stress test condotti dalla Fed sulle filiali americane di banche europee per verificarne la liquidità; preoccupa il triplice taglio delle stime di crescita per gli Stati Uniti sancito prima da Morgan Stanley, poi da Goldman Sachs e quindi ieri, ultima in ordine di tempo, da JP Morgan che vede «alti rischi di una recessione» e colloca la crescita del Pil Usa nell’ultimo trimestre 2011 ad appena l’1%; e poi, i forzieri della Bce offrono uno spettacolo tutt’altro che rassicurante: i depositi delle banche europee presso l’Eurotower sono saliti a 90,5 miliardi, al massimo degli ultimi dieci giorni. Cosa vuol dire? Significa che le banche non si fidano, e quindi non si prestano denaro tra di loro. Meglio lasciarlo nei caveau della Bce, anche a costo di ricavarci poco o nulla (i tassi d’interesse sono dello 0,75% contro l’1,5% del tasso ufficiale). Certo siano lontani dai livelli patologici del crac Lehman dell’autunno 2008 (oltre 200 miliardi in giacenza), ma il segnale è pessimo.
Se infatti il denaro non circola, è cosa buona solo per contrastare l’inflazione; non di sicuro per l’economia, già ingessata da consumi stagnanti, alta disoccupazione e dall’ormai fine decretata dai governi delle politiche di deficit spending. Le banche, peraltro, qualche motivo per essere preoccupate ce l’hanno. E non solo per le legnate che i loro titoli continuano a prendere in Borsa (Unicredit e Intesa hanno perso ieri oltre il 5, Ubi più del 4%). La Tobin Tax, per esempio, avrebbe sicuramente ripercussioni negative sui bilanci degli istituti. Che infatti stanno facendo pressione sulla Gran Bretagna affinché guidi la resistenza contro la tassa sulle transazioni finanziarie. Tra l’altro, il mondo del credito rischia di andare in sofferenza anche in caso di uno scivolamento nella double dip.

Una ricaduta nella recessione si tradurrebbe, stima la banca francese Natixis, in una contrazione degli utili per azione delle banche europee del 15% nel 2012 e del 18% nel 2013. Per più di un motivo: costi della raccolta più elevati e un aumento del costo del rischio.

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