La «magnifica fabbrica» della lirica

Dal progetto originario dell’architetto Piermarini - continuamente sollecitato dai «palchettisti» rimasti orfani del teatro Ducale, bruciato nel 1776 - ai disegni e alle immagini dei recenti interventi di restauro e di ristrutturazione di Mario Botta. Fino al 7 dicembre dello scorso anno, giorno in cui il tempio della lirica ha riaperto i battenti (proprio sulle note dell'«Europa riconosciuta» di Salieri che nel 1778 diede inizio alla prima stagione musicale scaligera). Oltre due secoli che il libro «Il Teatro alla Scala. La magnifica fabbrica» di Carla Di Francesco (edito da Electa, 236 pagine, 60 euro) ripercorre attraverso una campagna fotografica d'eccezione e i contributi di storici, architetti e addetti ai lavori. Una testimonianza preziosa di come il teatro abbia saputo nel tempo conservare vivo il ricordo dei fasti settecenteschi.
«In ogni sua pagina questo volume attesta che il sublime trova forma e contenuto in questo teatro - scrive il sovrintendente Stéphane Lissner - Un teatro unico al mondo. Un teatro nel quale alberga un genio. Ma dobbiamo arrenderci all'evidenza: questo genio non ci appartiene. Ciò che ci appartiene è consacrarci al servizio dello spirito europeo di cui questo teatro è l'archetipo».
Il restauro ha dunque ridato al mondo la sacralità di un luogo divenuto il simbolo internazionale della lirica. E questo volume ne fa fede, partendo dalla fondazione del teatro e arrivando fino ai giorni nostri. Nel 1778 Pietro Verri lo descrisse come «magnifica fabbrica» e ora, a più di due secoli di distanza la definizione sembra essere più che mai pertinente.

I progetti degli architetti Botta e Parmegiani hanno fatto della Scala un complesso ricco di nuovi volumi e di nuova storia; inoltre la parte vecchia del teatro, quella cosiddetta «monumentale», è stata non solo restaurata ma svelata nella sua interezza riportando alla luce ogni dettaglio del passato.

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