Fedora Franzè
La Galleria romana 196 continua ad organizzare esposizioni «Nel segno delle donne»: negli spazi di via dei Coronari opere di artiste o dedicate al gentil sesso, come in questi giorni, per ricordare i 60 anni del voto «rosa». Fino al 4 aprile saranno in mostra le immagini di Mimmo Rotella, in una selezione che comprende opere dal 1960 al 2005. Nel 1953, passeggiando per la capitale, a cui è approdato già da qualche anno, lartista calabrese rimane colpito da un evento tanto comune quanto straordinario per le sue sorti personali: un manifesto pubblicitario appeso al muro, consumato dal tempo, strappato da qualcuno che passando ne ha tirato un lembo sollevato, creando strisciate di colore e spessore diversi dal resto. In quellattimo Rotella ha guardato con una consapevolezza critica che solo chi passa, leggero e prensile, riesce ad avere; chissà quante volte gli inquilini di quel palazzo su cui il manifesto si consumava da giorni avevano distrattamente voltato lo sguardo dopo averlo solo sfiorato. Ed ecco lintuizione estetica e le sue conseguenze; le immagini della comunicazione di massa possono diventare altro, ma occorre lintervento di un artista che tracci i suoi segni dentro quelle immagini per appropriarsene proprio mentre le distrugge fisicamente. Il suo «segno» infatti è un gesto aggressivo, una lacerazione che mortifica loriginaria destinazione ma ne inventa una nuova, o la scova, liberandola da un vestito troppo stretto. Tra le varie opere in esposizione la più antica è stata realizzata nel 1960, ed è lunico collage, in cui le parti si giustappongono e lo strappo è solo uno degli elementi tecnico-dinamici in gioco.
Laspetto di questa piccola riuscitissima opera è unarmonia di neri ed ocra di vago sapore futurista, per alcune sottili linee scure che solcano curvandosi lintera superficie, le lettere rosse in un angolo. Il gruppo delle effaçages risale agli anni 70. La tecnica consiste nellapplicare delle soluzioni acide a pagine di riviste strappate per ottenere effetti di velatura fitta o accennata, di cancellazione totale o parziale, a volte addirittura delicatamente pittorici nelle sfumature più calibrate. Qui si ritrovano atmosfere alla Bonnard, con figure dalla consistenza indefinita, come nel caso della donna di schiena in Dietro il balcone (72), mentre dove la definizione si fa più nitida sembra di precipitare in un film di Bava, stivali di raso nero e drappi rossi. Non poteva mancare in questo voyeuristico omaggio al femminile dellultimo mezzo secolo licona del desiderio, Marilyn. Strapazzata da un immaginario che non le ha dato tregua, collettivo, giornalistico, artistico.
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