Da Malaparte a Bo, ecco chi lo considera un maestro

È stato Carlo Bo, grande scrittore cattolico, a definire Coccioli un «alieno», anzi più precisamente: «Uno scrittore alieno che appartiene a “un’altra letteratura”». È stato, Bo, uno dei più influenti estimatori dello scrittore livornese, snobbato dalla cultura ufficiale italiana e per anni assente dai cataloghi delle case editrici. Ma non è stato l’unico a riconoscere il grande talento di Coccioli. Più indietro, uno come Curzio Malaparte aveva già definito i suoi dialoghi «taglienti, intensi, anche allucinanti, e nello stesso tempo distratti».
Anche il critico letterario Giancarlo Vigorelli ha analizzato il «caso Coccioli» per cercare di scandagliare i motivi del suo esilio letterario. «Il nostro establishment non gli perdona - scriveva Vigorelli -: 1) d’esser al di fuori, e al di sopra dell’ambiente, dei quadri e delle gerarchie, della nostra letteratura; 2) di vivere all’estero, Francia o Messico, e di avervi avuto un gran successo; 3) di avere scritto una quindicina di libri direttamente in francese, oltre a quelli in italiano, e tre in spagnolo. A fargli un certo vuoto da noi, inoltre, è quella conturbante problematica religiosa che soggiace nei suoi romanzi e spesso vi esplode in una rissa d’anima e corpo».
Più recentemente uno scrittore come Pier Vittorio Tondelli ha confessato di trovarsi «molte volte in totale empatia con la sua scrittura». Tanto da recensirne con entusiasmo, nel 1987, Piccolo Karma, e inserire poi la recensione, ampliandola, nel suo Un week-end postmoderno. «In nessun autore italiano contemporaneo», scriveva lì Tondelli, «è presente una così grande tensione interiore, un’irrequietezza spirituale che poi si traduce in un nomadismo culturale e metafisico assolutamente originale, per non dire eccentrico».

Tuttavia «quello che si ama nell’opera di Carlo Coccioli non è solo, a ben guardare, l’incessante tormento teologico che lo ha spinto ora verso il cristianesimo ultraortodosso, poi verso l’ebraismo, quindi, fra gli Stati Uniti e il Messico, verso gli Hare Krishna, i riti indigeni, lo spiritismo, la psichedelia e gli Alcolisti Anonimi e, finalmente, verso le filosofie e le religioni orientali, l’induismo e il buddhismo Zen ma anche lo stile di vita appartato, l’amore per gli umili e i reietti, l’assoluta fedeltà alle ragioni della propria ispirazione e della propria scrittura che altro non sono, poi, che la ricerca ossessiva di una risposta, mai definitiva, alle ragioni del Bene e, più ancora, del Male».

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