Il malcostume della spesa in orario di lavoro

Caro direttore,
c’è chi per giustificare il discutibile comportamento delle dipendenti pubbliche che si assentano temporaneamente dall’ufficio per fare la spesa durante l’orario di lavoro, ha accampato giustificazioni alquanto vacue e prive di significato.
È vero che le dipendenti devono poter fare la spesa perché hanno una famiglia da mandare avanti, ma se si guarda attentamente nel dettaglio si scopre la completa malafede di chi fa shopping retribuito dallo Stato, quindi da tutti noi.
A tutte coloro che non riescono a rinunciare alla fuitina chiederei quale ragione c’è di fare la spesa al mattino in pieno orario di lavoro. Chi lavora nel privato, e che quindi non gode di questa sorveglianza blanda, non mangia forse?
Non è una novità: gli ipermercati da molti anni fanno orario continuato restando aperti fino alle 21, c’è tutto il tempo che serve specie per chi lavora in uffici nei quali l’orario di lavoro inizia alle 8 e termina alle 11. Con orari simili c’è anche il tempo per andare, una volta terminato l’orario di lavoro, a trovare ancora aperto il mercato rionale per acquistare frutta e verdura. Se tuttavia l’arretrato in ufficio è talmente impegnativo da non permettere un’uscita in tempi utili in settimana, c’è sempre il mercato rionale al sabato mattina. Non si conoscono uffici pubblici aperti di sabato e di solito chi lavora sul serio fa la spesa una volta alla settimana, basta e avanza.
Ci sarebbe un sistema per scoraggiare le fughe per shopping delle dipendenti pubbliche: è sufficiente ridurre adeguatamente i loro stipendi, senza soldi in tasca non hanno nulla da comprare.
Clio Tidiai - email

Caro Tidiai, ci sarebbe un altro sistema, che sarebbe meno traumatico, e che avrebbe il vantaggio di colpire solo chi esce dall’ufficio in orario di lavoro, e non anche chi si comporta correttamente. Un sistema semplicissimo: trattenere dalla busta paga il tempo utilizzato per fare la spesa. Scommettiamo che al supermercato si comincerebbe ad andare dopo la fine dell’orario di lavoro?
Sono convinto che il nostro mondo, in generale, non tenga conto delle molte difficoltà che incontrano le donne che lavorano. Quindi, se si possono dare loro agevolazioni, le si diano: per la spesa, per andare a prendere i bambini a scuola eccetera. Ma temo che il malcostume denunciato dal ministro Brunetta sia, appunto, solo un malcostume: non un’esigenza. Prova ne sia che a compiere certe furbate non sono solo le donne. Quante volte abbiamo visto dipendenti pubblici fingere di timbrare il cartellino e poi andarsene a farsi i fatti propri? È che si sono ormai radicate in molti dipendenti pubblici due convinzioni.

La prima è che rubare allo Stato si può, perché tanto lo Stato è di tutti e quindi di nessuno. La seconda è la certezza di un’eterna impunità. Per questo anche la spesa in orario di lavoro rientra ormai nei «diritti acquisiti». E per questo il ministro Brunetta incontra tante resistenze.

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