La maledizione del petrolio nel Golfo del Messico: esplode un’altra piattaforma

Le cause non sono state ancora chiarite, ma una cosa è certa: esiste una maledizione del petrolio del Golfo del Messico. Una seconda piattaforma per l’estrazione di gas e greggio, dopo quella operata dalla British Petroleum che nello scorso aprile ha provocato il più grave disastro ambientale della storia degli Stati Uniti, è esplosa ieri mattina al largo della Louisiana. La zona è la stessa, gli effetti ancora non si sa: l’America è col fiato sospeso, in attesa di sapere se un incubo stia per ripetersi. E i primi segnali sono inquietanti: una chiazza di greggio lunga un miglio è stata vista dagli elicotteri della Guardia costiera che volteggiano nel cielo della zona del nuovo disastro.
L’incidente si è verificato in mare aperto a 130 chilometri a sud di Vermilion Bay, lungo le coste centrali della Louisiana e a ovest di dove si trovava la piattaforma Bp esplosa il 20 aprile. Secondo la Guardia Costiera americana l’esplosione è stata notata inizialmente dall’equipaggio di un elicottero commerciale alle 9.30 ora locale. La piattaforma coinvolta è gestita dalla compagnia Mariner Energy: al momento dell’incidente vi si trovavano tredici persone, che si sono messe in salvo indossando i giubbotti salvagente e gettandosi in acqua. Dopo lo scoppio è cominciato un incendio e numerosi mezzi di soccorso della Guardia costiera si sono diretti nella zona per intervenire.
Tutti i tredici naufraghi sono stati recuperati: inizialmente si era diffusa la notizie che per uno di loro, che sembrava avere riportato delle ustioni, si fosse reso necessario il ricovero in un ospedale della Louisiana, ma l’informazione è stata poi smentita. Il furioso incendio però è continuato e ci si interroga in queste ore sulle cause dell’esplosione e sulle possibili conseguenze sull’ambiente di questo nuovo grave incidente.
Le prime informazioni parevano escludere che anche in questo caso ci fosse stato sversamento di petrolio greggio nell’oceano. La Guardia costiera aveva assicurato che la piattaforma, che opera a una profondità inferiore a quella della Deepwater Horizon andata distrutta in aprile, non era attiva. Ma preoccupava il fatto che a oltre tre ore di distanza dall’esplosione un portavoce della Mariner Energy non era ancora disponibile per commenti e spiegazioni: solo più tardi la compagnia ha emesso un comunicato per assicurare che non ci sarebbe stata alcuna perdita di petrolio nel Golfo del Messico. La Guardia costiera aveva poi confermato che nessuna traccia di greggio appariva visibile dall’alto nel mare attorno alla piattaforma. Meno di un’ora dopo, però, la marcia indietro: una chiazza di petrolio lunga un miglio veniva segnalata allungarsi in mare nei pressi della piattaforma.
Il governatore della Louisiana Bobby Jindal ha dichiarato che la produzione di petrolio dalla piattaforma della Mariner Energy è stata bloccata, facendo intendere che la macchia vista dal cielo non dovrebbe estendersi. Quanto alla difficoltà di domare l’incendio, sembra spiegabile col fatto che dalle condutture esce gas naturale proveniente dal giacimento sottomarino, fortemente infiammabile.
I timori suscitati dall’esplosione di ieri erano più che fondati.

L’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon, oltre a causare la tragica morte di undici persone, ha provocato la perdita nell’oceano di 780mila tonnellate di petrolio, che ha causato nel Golfo del Messico un inquinamento senza precedenti nel mondo. La grande profondità (oltre 1500 metri) dei fondali dove pescava il pozzo sottomarino aveva reso infatti difficilissime le operazioni di riparazione, andate a buon fine solo poche settimane fa.

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