Malindi, la protesta degli spacciatori in piazza: "Lasciateci lavorare"

La polizia dà un giro di vite con arresti e sequestri di droga. Così a Malindi, perla del turismo dell’Africa nera, i venditori di marijuana manifestano. Con tanto di famiglie al seguito: "Rispettate i nostri diritti"

Malindi, la protesta 
degli spacciatori in piazza:  
"Lasciateci lavorare"

Business is business, lo sanno tutti. A volte però si esagera. Sembra essere questo il caso degli spacciatori di marijuana di Malindi, la perla keniota dei tropici frequentatissima dai nostri connazionali. Un centinaio di «lavoratori» parecchio anomali che nei giorni scorsi, vedendo in pericolo la sopravvivenza dei loro affari, hanno pensato bene di cercare una soluzione in classico stile anni Settanta: lavoratori in piazza dietro gli striscioni del sindacato al grido di «Il posto di lavoro non si tocca!».

Il pittoresco corteo è partito da Maweni, quartiere povero della celebre località turistica dove hanno casa ricconi e politici à la page della decadente Europa (parte dei quali sono evidentemente loro clienti, pardon: datori di lavoro). Spacciatori di erba accompagnati da mogli e figli, tutti impegnati a sgolarsi per chiedere non diciamo rispetto ma quantomeno maggior agibilità per la loro apprezzata attività.

Il sito malindikenya.net racconta che i venditori di marijuana hanno usato un linguaggio a mezza strada tra il rivendicativo e il lamentoso: «La polizia ci perseguita», «Anche noi abbiamo diritto di lavorare», «Abbiamo mogli e figli che devono mangiare». Non poteva mancare il classico «Non si può andare avanti così». Ma il culmine, più o meno consapevolmente, lo ha toccato uno dei capi della protesta quando ha detto con notevole sfoggio di nichilismo: «In fondo, se c’è richiesta significa che c’è bisogno di noi». Altri aspetti della questione parevano sfuggirgli, ma non si può negare che fosse un’osservazione fondata. Anzi, si trattava della perfetta sintesi dello spirito della manifestazione.

I «lavoratori della canna», non essendoci al momento né in Kenya né altrove un sindacato che li rappresenti, hanno fatto tutto da sé. Punto di arrivo dichiarato della sfilata era la locale stazione di polizia: la sede dell’odiato nemico. Ma l’epilogo della giornata di protesta e rivendicazione non è stato quello immaginato. Tra spacciatori e poliziotti si sono infatti interposti i membri del Maarufu, un’associazione del posto che si occupa del recupero dei tossicodipendenti. Si tratta di un gruppo di ispirazione islamica ed è quindi facile immaginarne i toni non troppo concilianti. Le parole, riferisce il sito, sono state più o meno queste: «Farete meglio a tornare a casa vostra. Anzi, vedete proprio di cambiare mestiere e sceglietevene uno che sia legale». Poi la minaccia finale: «Attenti, perché se invece deciderete di continuare la manifestazione per la polizia sarà anche troppo facile identificarvi tutti». Sia come sia, il contatto tra dimostranti e poliziotti non è mai avvenuto.

Evidentemente però le due parti dovevano essersi «incontrate» in precedenza. Un paio di settimane fa, infatti, il prefetto di Malindi Arthur Mugira aveva tenuto una pubblicizzata conferenza stampa per annunciare la guerra allo spaccio e alla piccola ma temibile criminalità che vi si collega. Mugira aveva snocciolato cifre «molto confortanti» su violenza e crimine sulla spiaggia più famosa del Kenya, in calo del 40 per cento rispetto a un anno prima. Alle parole erano rapidamente seguiti nuovi fatti: numerose persone dedite allo spaccio di marijuana erano state arrestate.

Un giro di vite che ha preoccupato l’ambiente degli spacciatori, spingendoli alla bizzarra iniziativa della pubblica rivendicazione dei loro diritti al «lavoro». Chissà, forse troveranno qualche personaggio più o meno famoso disposto a sostenerli. Quello che è certo è che la polizia non cambierà atteggiamento.

Anche perché a Malindi la criminalità non cessa di essere pericolosa: proprio ieri un tedesco di 74 anni, che viveva nella cittadina da quasi un ventennio, è stato brutalmente ucciso da un ladro penetrato in casa sua per rubare qualche migliaio di euro.

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