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Malpensa il nuovo fronte caldo «Il pericolo sono i finti turisti»

RomaL’aeroporto di Malpensa è uno «dei nodi principali dell’immigrazione irregolare per via aerea in Europa». Lo scrive la polizia delle frontiere comunitarie esterne Frontex, lo ribadisce la Sea, la società di gestione degli scali milanesi, in uno studio presentato ieri nell’aeroporto lombardo. Con la chiusura del centro di espulsione di Lampedusa, il disegno delle rotte clandestine si sta modificando, le mappe dei flussi migratori sono cambiate, si tenta l’ingresso in Italia da altri spazi. Per mare, dalla Grecia e dalla Turchia. Oppure in modo più organizzato: con regolare biglietto. E il luogo più sensibile per quest’immigrazione all’apparenza corretta sarebbe proprio Malpensa: la nuova Lampedusa, «la prima frontiera» dell’immigrazione clandestina, la definisce il ministro dell’Interno Roberto Maroni. I respingimenti dimezzati (784 contro i 1401 del 2008, con 147 domande di asilo politico) non significano un allentamento dei controlli. Nascondono anzi il pericolo più insidioso. «Il problema numero uno - spiega poi al Giornale il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano - sono i turisti che rimangono nel nostro Paese». Hanno tutto in regola, ma non se ne vanno più via. Sono gli overstayers, per usare un termine tecnico, i turisti per sempre, o finti turisti. Secondo le ultime stime circa i due terzi dei clandestini in Italia, dunque oltre il 70%, entrerebbero dalle frontiere in questo modo. Non c’è più nemmeno bisogno di un vero permesso: «Purtroppo la direttiva europea - sottolinea il sottosegretario - prevede l’eliminazione del visto: basta una semplice autoattestazione per chi entra in Italia non per motivi di lavoro in cui ci si impegna ad allontanarsi dal territorio italiano entro 90 giorni. Tutto questo fa sì che si entri regolarmente e poi, alla scadenza dei tre mesi, si resti in Italia». È su questo aspetto in particolare che «si sta lavorando», eliminata l’emergenza dei barconi di Lampedusa dopo l’accordo sui respingimenti in mare con la Libia. In questo settore in continua trasformazione quando «si vince una battaglia», spiega Mantovano, «non significa che si è vinta la guerra». Arginata Lampedusa, ecco che le rotte clandestine si spostano su Malpensa, e anche sulla Puglia: «In provincia di Lecce sono ripresi gli sbarchi. Non si vedevano dai tempi dell’emigrazione dall’Albania». Cinquecento dall’inizio dell’anno.
A Malpensa la polizia di frontiera si è trovata a gestire casi di immigrati che nell’area transiti stracciavano il proprio passaporto per rendersi irriconoscibili e per evitare quindi l’espulsione immediata. Alle spalle dei clandestini che tentano l’ingresso per via aerea si arricchisce un racket di smugglers of migrants, smistatori, che preparano pacchetti di documenti-biglietti aerei a cifre che si aggirano intorno ai 10-15mila euro. Il ruolo più impegnativo che si impone al più grande scalo del nord Italia consiste ora, proprio per la caratteristica di hub, in quello di punto di passaggio verso altre destinazioni, «nel fermare quella che è l’insidia maggiore», secondo Maroni: il «terrorismo internazionale». E per questo sono necessari «maggiori controlli», che l’Europa per prima deve mettere in campo, «anche se non sempre», ha ricordato in leggera polemica, «riesce» a «dare risposte».
Nel 2009 è salito il numero dei documenti falsi rintracciati dalla polizia di frontiera: 213 nel 2009, dice lo studio curato dalla Sea. Il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato racconta che le forze dell’ordine stanno identificando numerosi cinesi con in mano regolare permesso di soggiorno, «dormono per strada, nei sacchi a pelo». E allora c’è qualcosa che non torna: quel permesso era fittizio, c’è una macchina che smista e dosa gli ingressi all’apparenza «di lusso».

Secondo De Corato c’è bisogno di un Cie (centro di identificazione e espulsione) proprio a Malpensa: «Il nostro centro di via Corelli può ospitare solo 90 persone, i clandestini a Milano sono 50mila». Maroni per ora risponde «no». Si partirà dalle regioni sprovviste: «Entro la fine dell’anno» saranno certamente aperti «quattro Cie» in Veneto, Toscana, Marche e Campania.

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