Il malumore dei frondisti scuote il Pdl

Gli ex di Alleanza nazionale se la sono presa. E molto. Qualche firmatario lamenta che la cosa sia andata al di là delle intenzioni, altri assicurano di non voler inseguire il ritorno in scena di Claudio Scajola. Le elezioni amministrative sono vicine e i malesseri in vista di liste e promozioni in agguato. Ma, intanto, il governatore Roberto Formigoni sbatte la porta in faccia ai frondisti. «Non l’ho firmata e non l’ho condivisa», ha mandato a dire ieri ai nove consiglieri regionali del Pdl, tutti di provenienza Forza Italia, che hanno inviato una lettera al premier Silvio Berlusconi con la richiesta di «ritrovare lo spirito unitario del partito» e la denuncia della mancata fusione dell’ex componente di An con quella di Fi. Variegato il dna delle firme che vanno dagli ex dc Angelo Giammario (molto legato al neo coordinatore Mario Mantovani) e Margherita Peroni, i liberal Doriano Riparbelli, Renzo Azzi, Franco Nicoli Cristiani, Massimo Buscemi, Gianluca Rinaldin, Carlo Saffioti e il ciellino Stefano Carugo che però fa sapere di aver «revocato la firma». Un documento per chiedere «che si possa tornare a discutere del bene» del Pdl «e del suo popolo», ritrovando lo spirito di partito unitario. «Quando esisteva Forza Italia - si legge - abbiamo lavorato per costruire un partito unico, radicato sul territorio, fondato sulla partecipazione e sulla democrazia interna, sul pluralismo delle idee non delle correnti, su dei valori chiari, quelli che ci hanno consentito di entrare orgogliosamente a fare parte del Partito popolare europeo. La stessa cosa vorremmo che fosse il Pdl, geniale intuizione politica che finora non è diventata uno strumento organizzato funzionante».
Dura le reazione di Formigoni, ma ancor più dura quella di Massimo Corsaro, vicecapogruppo del partito alla Camera e che degli ex an rappresenta l’area. «Dilettantismo politico» oppure «manifesta malafede». «Tutti trombati - sbotta Corsaro -. Basta vedere che nessuno di loro è nell’elenco dei nuovi vicecoordinatori regionali». E proprio nelle recenti nomine di Giancarlo Serafini, Giancarlo Abelli, Lara Comi, Licia Ronzulli e Carlo Fidanza in molti vedono almeno la causa scatenante dell’insurrezione. «Una fusione fallita? Affermazioni infondate - taglia corto Romano La Russa -. Io sono assessore e in giunta non si è mai discusso se non nel merito dei provvedimenti. E poi sono coordinatore provinciale e nei 150 comuni divisioni e screzi sono solo quelli fisiologici. Normale dialettica all’interno di un partito». Le cordate? «Se devo dire la verità, c’erano molte più difficoltà tra le correnti in An e addirittura ancor di più quando c’era il Msi».
Nessuna fronda, assicura Stefano Carugo, cardiologo e abituato a stare sul territorio, soprattutto brianzolo, dove miete preferenze a migliaia.

«Le prossime elezioni amministrative - spiega - saranno molto importanti. Serve un rilancio del partito. Il vero pericolo è lo stallo, ben vengano le iniziative che riportino lo spirito del ’94. Gli elettori vogliono idee e contenuti, non correnti».

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