Quando hanno aperto la porta le infermiere dell’ospedale di Jerez, a sud della Spagna, non hanno capito subito. Al reparto maternità si era presentata una bambina di dieci anni con dei dolori. Nessuno aveva pensato alle doglie. Un paio d’ore dopo, la bambina teneva in braccio la sua bambina. «Un parto naturale», hanno detto i medici che l’hanno seguita durante il parto. «Non c’è stato bisogno di un cesareo, la neonata è in perfetta salute». La piccola pesa quasi tre chili, sgambetta ed è vispa. La mamma- bambina l’ha guardata soddisfatta, si è commossa e si è addormentata, stanca. Distrutta. Il neo papà - anche lui minorenne - è rimasto accanto alla mamma -bambina, ha aspettato paziente e due giorni dopo le ha portate a casa. Sono usciti insieme, con il passeggino e un mazzo di fiori che un’altra mamma di una ventina d’anni più grandi, le aveva regalato. Come una coppia tra tante. Ma qui di comune qui non c’è niente. Ci sono solo bambini che hanno bambini. C’è lo choc di una società che non sa capire come si possa avere un figlio a dieci anni, perché a quell’età si va in quarta elementare e il mondo è un altro. Ci sono i capelli delle Barbie da pettinare, ci sono le amichette da trovare all’intervallo, ci sono i compiti, i capricci, la mamma che urla, la nonna che ti viene a prendere a scuola. A dieci anni gli uomini sono solo maschi antipatici e dispettosi, sono gli amici di tuo fratello che vengono a casa a giocare alla Play Station. È la prima volta che una bambina così piccola partorisce. Neppure le autorità spagnole sanno bene come fare. I servizi sociali seguiranno la coppia con la piccola. La mamma-bambina non sembra preoccupata. In ospedale, subito dopo il parto, i medici e le infermiere facevano la fila per entrare in camera. Volevano accertarsi, capire guardando coi loro occhi quello che avevano sentito in corridoio. La bambina non sembrava agitata, a tutti ripeteva: «Nel mio paese d’origine, la Romania, non è così strano avere un figlio a dieci anni. Per noi è normale». Era arrivata un mese prima in Spagna, con i suoi genitori e ovviamente era già incinta. La Spagna ora si interroga. Forse ha ragione lei, la mamma-bambina, forse una cultura diversa può aiutare a far sembrare naturale qualcosa che nella nostra società sembra solo aberrante, come un peso esagerato, quasi crudele, da addossare sulle spalle piccole e minute di una bambina.
Psicologi e sociologi raccontano di adolescenti che bruciano le tappe, sempre più veloci, si vestono da adulti, sembrano grandi, fanno i bulli, fumano spinelli, a 14 anni vantano di aver fatto sesso. Precoci e disincantati, attirati dal fascino del proibito, della trasgressione. Ma a dieci anni quale consapevolezza ci può essere? Come si può diventare madre a dieci anni? Nel 2009 il Brasile era rimasto choccato dalla storia di un aborto. A interrompere la gravidanza era stata una bambina di nove anni. Il patrigno l’aveva violentata. Una storia agghiacciante che aveva posto davanti a un bivio un Paese da sempre anti abortista. I medici quella volta decisero per tutti, prima di tutto pensando alla bambina, al dolore subito, alle conseguenze di un ipotetica maternità. Avevano scelto per lei l’aborto. La lotta poi si era combattuta tra medici e Chiesa. «Scomunica», la sentenza inappellabile che era arrivata dall’Arcivescovo di Olinda, nord est del Brasile dove la bimba aveva abortito. «Un crimine sotto gli occhi della Chiesa e di Dio aveva detto il vescovo.
In Spagna nel 2009 ci sono stati 177 bambini nati da mamme quasi bambine, di 15 anni. Delle giovanissime Juno, ragazzine coraggiose che hanno evitato l’aborto, che hanno scelto di tenersi quel figlio arrivato troppo in anticipo sui tempi.
E allora si si chiede che vita possa essere alzarsi la notte per cambiare pannolini, dare pappe, che consapevolezza ci può essere nel cullare il pianto di due bambine una appena nata, l’altra di dieci anni.
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