Se un assessore o un consigliere regionale chiede congedo, il presidente lo comunica allassemblea e, in mancanza di obiezioni, il permesso si considera accordato. Così vuole la prassi. Ma siccome la prassi vuole anche che non si guidi contromano, stavolta il consiglio regionale non ci sta ad accettare senza discussioni lassenza di Claudio Burlando proprio nel giorno in cui si pensava potesse essere discussa la mozione di sfiducia nei suoi confronti presentata dopo il pasticciaccio degli Erzelli. Sembrano schermaglie, in realtà è la prima battaglia della guerra già dichiarata.
Ieri mattina il consiglio si riunisce quasi controvoglia. Come se fosse tutto già scontato. Burlando assente insieme allassessore G.B. Pittaluga che lo accompagna a Roma per un confronto sulla Finanziaria, mozione destinata a essere rinviata anche per questioni regolamentari, scarso interesse per gli altri punti allordine del giorno. Ormai la politica ligure vive di svolte proibite, inversioni di marcia, di tesserini scaduti e di piccole o grandi bugie che in America potrebbero bastare a far cadere persino luomo più potente del mondo. Sembra quasi inevitabile che alle 10.30 in aula ci sia unaria da corrida senza toro. Tanti spettatori in trepidante attesa e matador a rifarsi il trucco perché intanto lo spettacolo è rinviato.
Gianni Plinio fiuta però aria di colpaccio. Si dà unocchiata in giro. Il presidente dellassemblea, Mino Ronzitti è seduto inappuntabile al suo posto. La giunta è Claudio Montaldo, nel senso che di suoi colleghi non se ne vedono. E i banchi della maggioranza sono occupati dai giornali della rassegna stampa più che dai consiglieri. Insomma, ci sarebbero le condizioni per vincere, ma manca lobiettivo, la meta da conquistare. Non si può discutere del problema che interessa tutti. E allora eccolo, il colpo di genio. Da ex presidente Plinio il regolamento lo conosce bene, e sa che i congedi richiesti dovrebbero essere approvati, cioè messi ai voti. E così il capogruppo di An prende in contropiede Ronzitti. Chiede la votazione. Il presidente super partes ha già capito che non cè niente da fare, fa ricorso a tutte le dosi di pazienza a sua disposizione e accontenta il collega. Si vota, cioè no. In aula non cè neppure il numero legale. La maggioranza è ridotta a dieci unità e se ci fossero tutti i consiglieri di opposizione, forse forse si potrebbe persino discutere la concessione dei congedi e respingere quella di Burlando. Plinio si deve accontentare di smascherare gli avversari e di far sospendere la seduta per unora: otto voti favorevoli non bastano a rendere valida la votazione.
Quanto basta per dare fuoco alle polveri. «Se qualcuno avesse ancora dei dubbi, questa è la dimostrazione che Burlando è soprattutto un arrogante - attacca il capogruppo di An -. Non è neppure in aula quando è loggetto dellargomento. E la sua maggioranza non gli è da meno, visto che neppure si degna di essere presente e puntuale a un consiglio regionale. Questa è larroganza del potere». È laccusa più ricorrente tra i banchi dellopposizione. «Sono in torto marcio e addirittura mancano di rispetto allistituzione con la loro assenza», incalza Matteo Marcenaro dellUdc.
Ma tantè si deve aspettare. Alle 11.15 è un altro mondo. Sembra il primo giorno di scuola. Tutti pronti a svolgere il compitino. Che poi per la maggioranza è quello di votare lautorizzazione al congedo e chiuderla lì. Gioco facile, ma è ancora Plinio a sparigliare le carte. Prima chiede di votare singolarmente i congedi, in modo da far capire che lunico vero obiettivo è Burlando. Ronzitti tira un sospiro, ingoia un po di nervosismo e accoglie lobiezione a termini di regolamento. Ma nulla può un attimo dopo. Ha finito le riserve di fair play e di gandiana sopportazione quando Plinio gli contesta il rinvio della mozione di sfiducia. Il capogruppo di An cita ancora il regolamento, dove peraltro è scritto che bastano tre giorni dalla presentazione della mozione perché la stessa sia discussa. Un concetto che però Plinio, rivolto a Ronzitti, esprime con queste parole: «Lei vuole coprire il presidente Burlando, che è già stato coperto da troppi. Qui cè qualcuno così arrogante da voler andare contromano».
Le gote di Ronzitti diventano più rosse della sua tessera. La voce lascia perdere i consueti toni di cortesia: «Stia zitto, lei (Plinio, ndr) sta violando non solo il regolamento ma anche il bon ton e il rispetto per questa assemblea». Laula si incendia. Il diessino Luigi Cola ci mette poco ad abboccare e a rilanciare le accuse. Si spegne anche il tabellone che conta i minuti a disposizione per gli interventi. Era quello che voleva Plinio, che infatti alza la voce ma sotto i baffi sghignazza già per aver «vinto» lanticipo di battaglia.
Anche perché più tardi Massimiliano Costa, uno degli assenti della maggioranza, si lamenterà per leccessivo rigore del «suo» presidente del consiglio, fiscale nel fare osservare il regolamento e concedere la sospensione di unora per la mancanza di numero legale. Ronzitti respinge al mittente anche queste accuse: «È sconcertante che del regolamento si continui troppo spesso a fare un uso stravolgente a seconda delle proprie esigenze».
Il resto del consiglio sfila via, con Matteo Rosso (Forza Italia), che porta alla luce unaltra consulenza da dodicimila euro per venti giorni lavorativi.
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