«Mancano strade e ferrovie. Expo a rischio»

Uno stallo pericoloso: servono infrastrutture per competere con i concorrenti del 2015

«Le infrastrutture sono al palo» è l’allarme lanciato da Diana Bracco, presidente di Assolombarda, davanti ai dati dell’Oti Nordovest (l’Osservatorio territoriale infrastrutture) che raccontano di un 2006 di stagnazione, durante il quale «non sono partiti nuovi grandi progetti». Nel rapporto Lombardia si legge che «il 2006 è stato caratterizzato da un sostanziale stato di fermo» e che «destano preoccupazione e allarme i ritardi negli avanzamenti di molti dei cantieri aperti e degli iter amministrativi di molte delle opere in fase di progettazione». Insomma, è stallo, particolarmente pericoloso perché rischia di far perdere a Milano l’assegnazione dell’Expo 2015. «Ci aspettiamo che il governo manifesti la volontà di ottenere l’assegnazione dell’Expo. La concorrente turca, Smirne, è una città che si è attrezzata e si sta attrezzando» osserva la leader degli imprenditori lombardi durante la Mobility conference exhibition 2007 su «Le infrastrutture per competere in Europa». Il ministro dei Trasporti, Alessando Bianchi, ammette: «Sono arrivato al convegno partendo da Linate e da Milano Linate a qua c’è qualche problema di infrastrutture... C’è un ritardo che le istituzioni lombarde hanno fatto rilevare».
Il problema però è che strade e ferrovie per gareggiare con i concorrenti internazionali non ci sono e neppure si intravedono all’orizzonte. È Roberto Formigoni a tradurre l’analisi dell’Oti in un’accusa politica all’Unione, spiegando che non andare avanti con le infrastrutture significa creare danni economici di miliardi di euro che ricadono sui cittadini in termini di disservizi e costi delle merci poco competitivi. «I signori del no si dovranno trasformare nei signori del sì» attacca il presidente della Regione. Punta l’indice su Filippo Penati, ma anche sui ministri che non spingono a sufficienza sull’acceleratore delle grandi opere, ovvero i titolari dei Trasporti, Alessandro Bianchi, e dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio: «Non è possibile che un presidente di Provincia offra una sponda alla sinistra estrema quando dice che la Bre.Be.Mi può aspettare. E se un ministro è competente e ha a cuore lo sviluppo del proprio Paese, non può dire che ha bisogno di un anno per studiare il problema della Tav, non può tenere ferma l'Italia mentre i Paesi vicini corrono».
Formigoni fa i conti sui costi del non fare, per dire che l’immobilismo costerebbe al Paese 200 miliardi di euro nei prossimi 15 anni. Un discorso che vale anche e soprattutto in Lombardia: «Non fare un’autostrada di rilevanza regionale (di 50 km e con un costo d'investimento di 1,7 miliardi di euro) costerebbe circa 4,9 miliardi di euro. È il caso, ad esempio, della Bre.be.mi: non farla costerebbe circa 98 milioni di euro al chilometro».
Una promozione arriva invece per Antonio Di Pietro, perché Formigoni riconosce al ministro delle Infrastrutture di aver consentito «importanti passi avanti» per la Pedemontana (con lo stanziamento di 1200 milioni nella finanziaria 2007), la Tangenziale esterna di Milano e la Bre.be.mi. Di Pietro, che oggi parlerà al convegno, si è fatto anticipare da una lettera che è un sostanziale j’accuse agli industriali: «Per le infrastrutture in Lombardia quest’anno il governo ha stanziato il 40% in più rispetto alla precedente Finanziaria.

A me sembra che in questo momento sia proprio l’imprenditoria lombarda a dovere dare prova di un rinnovato impegno». Un’accusa che la Bracco restituisce al mittente: «È grazie agli imprenditori che l’Italia è in ripresa».

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