Sport

Mancini e la paura nerazzurra «Dovevamo fare la quarta rete»

«Sul 3 a 0 ci siamo messi a giochicchiare. E anche per l’infortunio a Materazzi, Toni ha trovato il gol che ha svegliato la Fiorentina, complicandoci la vita»

Massimo Bianchi

da Firenze

L’Inter c’è e si porta a casa tre punti, i primi della stagione, nonostante i problemi nel finale, provocati dall’infortunio a Materazzi e dai cambi che hanno cambiato volto alla Fiorentina. Ha detto Roberto Mancini: «È stato molto importante vincere perché era così che si doveva iniziare la stagione. Il finale tutto viola? Può succedere quando la condizione non è al top. Sul 3 a 0 per noi ci siamo messi a giochicchiare e abbiamo sbagliato perché con un tale vantaggio la partita andava chiusa con la quarta rete, perché un gol gli avversari possono sempre farlo finendo con il ritrovare la speranza. Ed è poi quello che è accaduto qui a Firenze».
Gli chiederanno di Toni, corteggiato a lungo in estate prima di acquistare al suo posto Crespo. Sempre l’allenatore nerazzurro: «Fino al momento del gol, quello del 3 a 1, Toni non lo si era tanto notato, eravamo stati bravi a contenerlo grazie anche alla stazza di Materazzi. Poi, tra il problema muscolare del nostro difensore e un certo atteggiamento, lui è stato molto efficace per realizzare una doppietta. Del resto, Toni è uno che se lo metti in condizioni di fare gol, lo fa».
La morale della serata: «L’Inter ha superato uno scoglio durissimo». E ha vinto anche il confronto sugli spalti. Esauriti i due settori riservati ai supporter nerazzurri, come del resto il Franchi. Centinaia di bandierine nerazzurre sventolano, c’è anche un tricolore, esposto un po’ timidamente. A ricordare lo scudetto attaccato sulle maglie: forse non ancora completamente assimilato dal popolo della Beneamata.
La curva viola ha risposto con un megastriscione a ricordare gli 80 anni del club. In tanta coreografia stona il fondo del campo, non c’è più il velluto verde di una volta. Chiazze marroni soprattutto sulle fasce, la verniciatura era e resta un palliativo. Ci sono i nuovi pannelli luminosi a bordo campo, che disturbano. Atmosfera subito elettrica. Fischi all’ingresso dei nerazzurri per il riscaldamento; insulti a Mancini, un ex cui Firenze non ha perdonato l’abbandono prima del fallimento. Dimenticata invece la diaspora estiva che ha visto protagonista Luca Toni. Quando lo speaker legge il suo nome non si alza un fischio che sia uno, solo applausi per il figliol prodigo che si era innamorato degli euro di Moratti. Che in tribuna non c’è, nonostante l’invito di Diego Della Valle, anche tra le società la tensione si è allentata.
Nella serata-bolgia l’unica pausa quando viene commemorato Giacinto Facchetti. Un lungo applauso accompagna il minuto dedicato al silenzio, mentre la Fiesole, la curva degli ultras, srotola un maxi-striscione che recita: «Ammainata un’altra bandiera del calcio di un’altra era. Ciao Giacinto». Proprio davanti a quella curva Cambiasso infila il primo pallone in rete e poi alza gli occhi al cielo.

Verso il suo indimenticabile presidente.

Commenti