Mancini e Spalletti possono farcela: serve un bel coraggio

È una questione di fede e non solo. L’Inter può farcela perché ha dato prova, più volte, lungo la sua strepitosa cavalcata, di saltare ostacoli di ogni tipo. Vincere a Roma dominando la scena e in dieci (Vieira espulso) non fu un’impresa di poco conto. Ripetersi contro il Milan fino a umiliarlo sul piano del gioco annaspando negli ultimi minuti non fu un successo qualunque in un derby nato sotto la buona stella. E se i trionfi domestici possono sapere di dolcificante, il «veni, vidi, vici» a Mosca, diventa un confortante precedente per Moratti e la sua armata. Per farcela l’Inter non ha solo bisogno del suo superman, Ibrahimovic che nelle notti di genio è capace di scavare la differenza. Ha bisogno di una partita senza errori e senza cedimenti. Il Valencia è squadra veloce, sa manovrare nel corto e colpisce in contropiede. All’andata rimase in sella da cima a fondo e non solo nel finale come ripete Mancini. Il sigillo di Cambiasso fu agevolato da un fuorigioco doc: nessuno del Valencia se ne dolse pubblicamente. Si prenda nota. Vincere aiuta a vincere: l’esercitazione di Livorno è viatico strepitoso. Serve coraggio, non solo gioco e gol.
Può farcela anche la Roma. Che vanta rispetto alla condizione dell’Inter (i nerazzurri passano solo se vincono) su un vantaggio in più. Per sbarcare ai quarti di finale a Totti e i suoi prodi, restituiti al miglior schieramento possibile, è sufficiente un pareggio. Che negli ultimi tempi è diventata la sua non proprio brillante specialità, Verona e Ascoli le pallide esperienze in campionato.

La Roma non vince fuori casa (contro il Toro) da oltre due mesi (il 21 dicembre del 2006): non si tratta di un banale riferimento statistico, è un nervo scoperto, un limite vistoso. Il Lione ha molta gamba e poco attacco: si decide tutto a centrocampo. Totti, mai gladiatore fuori dal recinto dell’Olimpico, batta un colpo. Domani è il suo giorno.

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