«Mancini con Ibra può riuscire dove ho fallito io»

Il tecnico argentino è tornato a Milano dopo 5 anni dall’addio: «I tifosi mi hanno commosso e Moratti è un signore. Il 5 maggio? Mi arrabbio ancora adesso»

da Milano

Dopo quasi cinque anni è tornato a Milano, l’aspetto burbero di sempre, il sorriso che fa fatica a venire fuori ma, quando l’altoparlante lo annuncia e lo stadio esplode di applausi, gli occhi gli si illuminano e l’espressione si rasserena. C’era anche Hector Cuper sabato sera a celebrare il Centenario dell’Inter, discreto, quasi avesse paura di disturbare, anche se un pezzo di storia nerazzurra è pur sempre suo.
Signor Cuper, se l’aspettava questa accoglienza così calorosa?
«No, sinceramente no. So però che il cuore dei tifosi nerazzurri è grande grande e dentro di me speravo che un pochino mi ricordassero. E l’applauso che ho ricevuto mi ha quasi commosso. Lo ammetto, mi sono emozionato davvero, come poche altre volte nella mia vita».
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel 18 ottobre 2003 quando, perso il derby sette giorni prima e pareggiato 2-2 a Brescia, in nottata venne esonerato da Moratti.
«Fu una brutta giornata quella, difficile da dimenticare, piena di amarezza e di cattivi pensieri. Veramente brutta da ricordare».
Però il buon rapporto con Massimo Moratti sembra comunque essere rimasto.
«Il presidente è un gran signore e un uomo di rara umanità. Da allora spesso ci siamo sentiti, l’ho chiamato anche quando ha vinto lo scudetto e mi sono accorto che la cosa gli ha fatto molto piacere. D’altra parte, come potrei dimenticare quei due anni passati a Milano? Abbiamo sfiorato grandi vittorie, la fortuna non ci ha aiutato».
Ma non ha il rammarico di essere andato via un po’ presto, lasciando un’opera incompiuta?
«No, ho capito bene la situazione in quel momento. E mi arrabbio ancora tanto ogni volta che penso a quel maledetto 5 maggio 2002. Però anche questo è passato. Adesso sono felice per i cento anni dell’Inter e anche orgoglioso di avervi fatto parte. L’Inter non è una squadra qualsiasi, ma una nazione perché i tifosi nerazzurri li ho incontrati in tutte le parti del mondo».
Non per mettere il dito nella piaga, ma ha ancora qualcosa da dire su Ronaldo?
«Ronaldo è il passato. Io non ho avuto nessun problema con Ronaldo, lui ha avuto un problema con me. E, veramente, non so ancora perché...».
Cosa avrebbe dato per vincere qualcosa con l’Inter, lo scudetto o anche una coppa?
«Qualsiasi cosa. Ci siamo arrivati a un passo sia in campionato che in Champions, dove siamo usciti in semifinale senza aver perso una partita».
Già, la Champions, il buco nero di questa Inter acchiappatutto solo in Italia.
«È una ben strana competizione la Champions, dove i valori veri emergono ma che, talvolta, penalizza anche chi è forte, come è capitato alla mia Inter. Ai nerazzurri manca solo questo trofeo per dare alla società uno spessore mondiale. Speriamo che sia la volta buona».
Si dimentica forse che c’è un certo Liverpool che parte con un rassicurante vantaggio di due gol?
«So quanto sono forti gli inglesi. So che il duo Gerrard-Fernando Torres è devastante e può mettere paura a qualsiasi squadra. Ma l’Inter deve comunque crederci e, a determinate condizioni, può farcela».
Spieghi allora a Mancini come.
«Mancini non ha bisogno dei miei consigli, è bravo per conto suo. Però sarebbe indispensabile fare subito gol agli inglesi e, ovviamente, non prenderne uno, altrimenti sarebbe finita. Attaccare si, ma con giudizio, senza lasciare spazi dietro».


L’Inter attuale ha troppi difensori infortunati, come potrà reggere la carica dei Reds?
«Con la calma e la concentrazione. E poi c’è Ibrahimovic, un giocatore che avrei voluto anch’io: lo svedese può decidere la partita e fare il miracolo».

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