Mancini punge Adriano «Non fa la differenza»

«Doveva darci di più. Spero lo faccia in finale. Se gioca. Campionato buttato, vincere qui è una magra soddisfazione»

Mancini punge Adriano «Non fa la differenza»

Riccardo Signori

nostro inviato ad Appiano

Cercasi gol (e goleador) disperatamente. L’anno scorso, stessa finale, stessa avversaria, stessa scansione trasferta-casa, ci pensò Adriano. Quest’anno Mancini non sa a qual piede votarsi. Ma questa è l’Inter dei conti (e dei gol) che non tornano. «Realizzare è il mestiere degli attaccanti ed è quello che chiedo in questa partita. Ogni volta che le nostre punte hanno segnato, abbiamo vinto e non è un caso». Detto con uno sbuffo, che può essere un rimprovero mascherato dal dato statistico. Parola al solito trio dai piedi storti, o quasi. Cruz che garantisce il poco che sa, Martins e Adriano che finora hanno garantito delusioni.
La doppia finale di coppa Italia potrebbe essere l’ultima chance per Adriano: farsi perdonare o farsi maledire. Mancini allunga il dubbio: «Se scenderà in campo, spero possa darci una mano come l’anno passato». Quando segnò due reti e mise in cassa la vittoria da conservare a San Siro. Potrebbe essere un modo per far pace con il popolo nerazzurro, anche se l’allenatore non è più disposto a sopportare gli egocentrismi del bambolone brasiliano. «Se Adriano starà fuori, sarà solo per scelta tecnica. Ora mi serve un attaccante che faccia gol. Per il futuro vedremo». Perdere anche la coppa Italia, dopo avere buttato campionato e qualificazione Champions, sarebbe peccato al limite dell’insopportabile. E questa più che mai finale di consolazione. «Vincere la coppa sarebbe solo una piccola consolazione, ma è sempre meglio vincerla. Perché perdere non è mai una bella cosa».
La Roma non sarà certo un materasso. «Anzi, è molto veloce negli spazi, segna tante reti». Di certo meno materasso dell’anno passato. Quel successo illuse Mancini e chissà quanti altri che la via era trovata. Invece, oggi, il tecnico si ritrova a far conti che non quadrano. Tra amarezza e realismo. «Non sono soddisfatto del terzo posto perché potevamo fare di più. Nonostante i risultati della Juve nelle prime 20-25 partite, c’era la possibilità di recuperare, anche dopo aver perso lo scontro diretto. Bisogna sempre pensare di poter raggiungere gli obiettivi, anche quando sembra impossibile: è fondamentale per un calciatore, un club, una squadra». Par quasi che la delusione del campionato sia più cocente di quella in Champions. Mancini non smentisce e non conferma. «Siamo usciti dalla Champions contro una squadra inferiore a noi, però il Villarreal anche contro l’Arsenal ha dimostrato di essere difficile da affrontare. Certo, era una squadra che l’Inter avrebbe dovuto eliminare. Invece in campionato bisognava crederci di più, è stato un peccato».
Portandosi dietro questo fardello di delusioni pesanti, Mancini e l’Inter cercheranno di non entrare più nel guinness dei primati (vedi l’autorete di Materazzi) ma nell’albo d’oro Panini alla voce coppa Italia. Per l’occasione il centrocampo avrà faccia migliore di quello schierato a Empoli («Recupero Cambiasso e Stankovic»), Toldo potrebbe prendere il posto di Julio Cesar. Ma il problema sarà sempre lo stesso: «Ho tre attaccanti, due giocano, uno va in panca.

Conta come si gioca e come ci si propone, non il numero di punte», ha sintetizzato il tecnico, ormai convinto di usare una parola grossa quando dice «attaccanti». Con un post scriptum per Adriano: «Abbiamo sempre creduto che fosse il giocatore capace di fare la differenza. Non sempre, ma quasi. Così non è stato. Speriamo che, almeno in finale, ci dia qualcosa di più».

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