In soldoni, fanno 65mila euro, tutto compreso. Li tirerà fuori dal portafoglio (il suo portafoglio) un alto dirigente dellAutorità portuale di Genova, chiamato a scontare limprovvida decisione di mandare al macero 86.500 copie, 110 pagine luna, della «Relazione di fine mandato del Presidente dellAutorità Portuale di Genova 2004-2008». Che poi altri non era che Giovanni Novi, a quei tempi nel pieno della bufera giudiziaria relativa allassegnazione del terminal Multipurpose da cui è appena uscito con un «buffetto sulla guancia» (rispetto alla condanna a 6 anni di reclusione più uno di libertà vigilata chiesta dal pubblico ministero). La decisione di far pagare di tasca propria il dirigente di Palazzo San Giorgio viene dalla Corte dei conti. Manca solo la dichiarazione formale che arriverà al termine di un lungo e complesso iter procedurale, previsto in circa sei-otto mesi, ma il Giornale è già in grado di anticipare la sostanza della sentenza della suprema magistratura contabile.
I fatti in questione risalgono al principio del 2008: in coincidenza con la fine del mandato, il presidente Novi fece stampare la relazione, in cui si dava conto, come da prassi consolidata, del quadriennio di incarico. Il documento era pronto per essere distribuito come allegato del quotidiano «Il Sole 24 ore Nord Ovest», il giorno 11 febbraio. Ma quella relazione, evidentemente giudicata «scomoda», non ha mai raggiunto ledicola. Distrutta appena uscita dalla tipografia. Fatto avvenuto in coincidenza proprio con il provvedimento di arresti domiciliari a carico di Novi. Spreco ingente di denaro pubblico, dunque, ed anche voglia di cancellare la gestione Novi senza neanche un ricordo darchivio.
A sollevare il caso, e soprattutto il polverone steso dopo la distruzione del fascicolo, era stato il Giornale, rivelando i particolari, alquanto paradossali, della vicenda. Difficile definire in maniera diversa il fatto che la relazione contenente dati, cifre, consuntivi delle opere portate a termine o in corso dopera sotto la presidenza di Novi sia stata edita in così tante copie, pagata così tanto e infine buttata nel tritatutto, forse - chi pensa male fa peccato, ma quasi sempre ci azzecca - nel timore di «solidarizzare» in qualche modo col presidente-accusato. E a nulla era servita - ricordammo allora - la constatazione che nel libretto ci fosse solo una fotografia, pure di dimensioni modeste, del presidente, a smentire anche un ipotetico rischio di culto della personalità. La Relazione andava, ed è stata effettivamente, eliminata. Punto.
La faccenda venne portata allattenzione del consiglio regionale, dove Matteo Rosso, allora consigliere di Forza Italia e oggi capogruppo del Pdl, interpellò lassessore Enrico Vesco ottenendo poi la promessa di un intervento del presidente della Regione Claudio Burlando. Che precisò come la decisione di mandare al rogo la relazione fosse venuta direttamente dall'Autorità Portuale. La motivazione ufficiale che aveva portato alla distruzione sarebbe stata la «mancanza di spazio».
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