Buccinasco. Cantieri. ’Ndrangheta. Passano i decenni ma il triangolo che governa il business dell’edilizia nei comuni a sud di Milano sembra immortale. Ieri mattina, quando i finanzieri del Gico fanno scattare sette paia di manette per il reato di associazione mafiosa, viene alla luce una indagine durata per anni in silenzio. E che conferma come né le inchieste degli anni passati né l’alternanza delle maggioranze politiche abbiano modificato la realtà: a Buccinasco, Assago e dintorni le uniche ruspe che possono lavorare sono quelle della ’ndrangheta. Sono le ruspe di Rocco Papalia, la faccia pubblica della famiglia calabrese più importante del nord d’Italia.
Rocco Papalia è in carcere da sedici anni, ma continua a tirare le fila di tutto. Ieri in carcere - insieme a altre tre calabresi e a tre «polentoni», prestanomi puliti degli affari dei clan - finisce il genero di «compare Rocco»: Salvatore Barbaro, le cui nozze con Serafina Papalia sembrarono qualche anno fa la scena di un film di Francis Ford Coppola, con le famiglie arrivate da Melbourne e da Montreal.
Le centocinquanta pagine dell’ordinanza di cattura raccontano storie che sembrano venire dal profondo sud, dai territori dell’Antistato, e che invece si svolgevano alle porte di Milano. A colpi di dinamite e revolverate i Barbaro «imponevano la loro presenza negli interventi immobiliari e ai pubblici amministratori del Comune di Buccinasco la liquidazione di somme di denaro per lavori mai autorizzati». I lavori pubblici e privati venivano appaltati a imprese pulite, senza storia. Ma quando la gente di Buccinasco passava davanti ai cantieri vedeva, immancabilmente, che a lavorare erano sempre loro: i calabresi di Platì. Lavori fatti per modo di dire, ma nessuno protestava mai. Una funzionaria comunale ha raccontato che quando chiese ai vigili urbani di andare a stendere un verbale nel cantiere, non si trovò un solo vigile disponibile: «In effetti si sapeva che su quel cantiere c’erano i Barbaro e nessuno voleva testimoniare in seguito contro di loro per non avere ritorsioni varie».
A subire le pretese dei Barbaro, racconta l’ordine di custodia, fu anche una figura storica della politica di Buccinasco: Mario Pecchia, già leader delle Acli e consigliere socialista. Pecchia oggi è, insieme a suo figlio Adriano, titolare di una impresa edile.
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