«Le mani del governo sulla ricerca», oggi sciopero generale

Tolte le competenze al Parlamento: con una semplice circolare l’esecutivo potrà chiudere o accorpare gli enti. Gli esperti: «Violata la Costituzione»

Francesca Angeli

da Roma

Con una semplice circolare si potrà chiudere l’Agenzia spaziale, l’Istituto di fisica nucleare o un qualsiasi altro ente di ricerca pubblico. Il grido d’allarme questa volta riguarda il decreto fiscale collegato alla Finanziaria attualmente in votazione al Senato. Proprio ieri l’aula di Palazzo Madama ha bocciato la pregiudiziale di costituzionalità sul decreto dando il via libera alla discussione. Ma nelle pieghe di quel provvedimento, all’articolo 2, si trovano tre commi sulla delegificazione degli enti che rappresentano un vero e proprio attentato all’autonomia di quegli istituti e possono compromettere la loro stessa sopravvivenza. In sostanza con un semplice regolamento si potrà decidere di istituire, accorpare o chiudere gli enti. Senza bisogno di sentire il Parlamento.
A denunciare la manifesta violazione dell’articolo 33 della Costituzione è il Cun, il Consiglio universitario nazionale, ovvero l’organo di rappresentanza delle autonomie universitarie dipendente dal ministero. Il presidente del Cun, il professor Luigi Labruna, rivolge «un pressante appello al Parlamento e al governo perché, con opportuni ulteriori emendamenti, si scongiurino i gravi rischi per la ricerca scientifica del Paese» derivanti dai commi 142,143,144 del decreto che delegano il governo a provvedere «mediante regolamento alla ricognizione e al riordino degli enti pubblici nazionali di ricerca... disponendo anche lo scorporo di strutture e l’attribuzione di personalità giuridica, l’accorpamento, la fusione e la soppressione». Il Cun sottolinea «la necessità che qualsiasi intervento relativo a tali Enti avvenga, dopo ampia consultazione delle pertinenti comunità scientifiche, nel rispetto dell’articolo 33 della Costituzione, che contiene una riserva di legge» rilevando come «l’approvazione in via definitiva di tale normativa darebbe all’esecutivo facoltà di ristrutturare o addirittura sopprimere con regolamenti Enti di alta cultura quali il Cnr, l’Asi, l’Infn, l’Inaf». Il Cun infine esprime «la sua profonda preoccupazione per il destino di istituzioni scientifiche e di ricerca esposte a continua instabilità».
E non c’è soltanto il Cun a giudicare quei commi incostituzionali visto che lo stesso parere è stato dato dalla commissione Affari costituzionali e da quella Cultura del Senato oltre che dall’ufficio tecnico di Palazzo Madama.
L’opposizione non resta con le mani in mano e ha già messo a punto due proposte. Una minimalista ma che eviterebbe il ritorno alla Camera: un ordine del giorno firmato dagli azzurri Guido Possa e Gaetano Quagliariello che chiede di esonerare dalla delegificazione gli enti tutelati dalla Costituzione.

L’altra avanzata dal Giuseppe Valditara che, con un emendamento, chiede di cancellare i tre commi. Se fosse approvata però il decreto dovrebbe tornare alla Camera.
Intanto non si ferma la protesta di professori e ricercatori che oggi scioperano e scendono in piazza.

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