Gianni Pennacchi
da Roma
Se davvero è «ininfluente» e non frutterà un solo voto in più come si sforzano di sminuire D’Alema, Rutelli e Prodi, perché poi i leader dell’Unione scatenano colonnelli e seconde file a tuonar contro la «violazione» della par condicio, lo spreco e il «servilismo» nei confronti degli Usa? Paradigmatica dell’imbarazzo incontrollato è la reazione del centrosinistra al discorso tenuto ieri a Washington dal nostro premier e agli applausi raccolti da senatori e congressisti. Tutti se lo son visto in tv ovviamente, pur senza ammetterlo. Aprendo poi la gara dell’incongruenza, dimentichi che talvolta conviene tacere. Di tutto, è uscito dalle bocche d’opposizione. Non permettendo di attribuir la palma a Oliviero Diliberto che liquida la visita di Silvio Berlusconi alla Casa Bianca e al Congresso come «raccapricciante: sono andati a stringersi mani grondanti di sangue», oppure a Leoluca Orlando che intima: «Attendiamo di conoscere da quale altro Paese extracomunitario, dopo gli Usa, Berlusconi lancerà il prossimo spot». Pure Alfonso Pecoraro Scanio non è male: annuncia un’interrogazione parlamentare - da discutere nella prossima legislatura? - per sapere quanto è costato questo «show hollywoodiano» mentre «il consolato italiano negli Usa non ha i soldi per il riscaldamento».
La sortita di Diliberto imbarazza lo stesso Romano Prodi, che era a Torino e ha glissato con un «meglio non commentare», mentre il sindaco Sergio Chiamparino che gli era al fianco staffilava: «Diliberto è sempre così truce...». Il leader dell’Unione però deve aver patito assai la performance dell’avversario, se prima ha detto che «la via d’uscita dalla crisi economica non la offre un viaggio negli Stati Uniti», poi ha fatto le pulci al discorso di Berlusconi perché «poco europeista», infine al microfono delle Paralimpiadi ha tuonato contro la «diretta da Washington che viola la par condicio da ore».
Fuori ordinanza la reazione della Quercia, che mentre Piero Fassino s’allineava a Prodi («il discorso americano di Berlusconi non cancella la crisi»), ha diffuso ben due comunicati ufficiali. Il primo per chiedere se il Garante «non abbia da esprimere un suo autorevole, necessario e urgente parere» sulla diretta di Canale 5 fatta «in dispregio di ogni regola di par condicio». Il secondo alquanto più stralunato, per rimproverare al premier che aveva reso omaggio ai «giovani americani morti sul suolo italiano per liberare l’Italia dal giogo nazista e fascista», di aver sottoscritto un patto elettorale con «gli eredi di quelle dittature, gli epigoni violenti di quella oscena pagina della storia d’Europa». E meno male che Massimo D’Alema aveva appena assicurato - pur non trattenendo il risentito giudizio di «scelta discutibile da parte americana» - che questo viaggio di Berlusconi «non avrà alcuna influenza né sulle relazioni tra Italia e Usa né sulla campagna elettorale». Come Francesco Rutelli del resto, che tenta di liquidare la faccenda come «un’iniziativa impropria» assicurando che «dal punto di vista elettorale non cambia nulla».
Perché allora Enzo Carra tuona contro la «gravissima violazione» della par condicio e pretende da Canale 5 una diretta anche per Prodi, «di pari tempo e nella stessa fascia oraria»? Pure Beppe Giulietti sollecita l’intervento dell’Autorità garante per sanzionare «lo spottone di un candidato alle prossime elezioni».
A ben guardare, se la cavano meglio Fausto Bertinotti e Clemente Mastella. Il primo, che bada al proprio orto, sottolineando come discorso e strette di mano confermino quanto l’amministrazione Bush sia «una bella palla di piombo al piede del governo italiano».
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