A guardare la danse macabre degli spread viene in mente una poesia di Baudelaire, «Sed non satiata». Il differenziale Btp-bund è in effetti un autentico fiore del male. Mai sazio. Agisci, e ti punisce. Stai fermo, e schizza ancora verso lalto. O meglio: a volte dà limpressione di compiere un passo indietro, di calmarsi. Ma è solo fumo negli occhi. Un trucco. Va così dal luglio scorso. Prima, nonostante la recessione da virus subprime e la tragedia greca, lo spread sonnecchiava attorno ai 160 punti base. Un livello fisiologico che ben esprimeva il divario tra la sicurissima Germania e lItalia, un po meno sicura. Ciò non impediva al Tesoro di mandare in porto le aste di titoli di Stato tra forti richieste e senza strappi ai rendimenti.
Poi, lo spread si è svegliato. E lì sono cominciati i guai. Allinizio dellestate, agli occhi della speculazione lItalia ha smesso di essere un debitore affidabile. Di colpo, i circa 1.800 miliardi di euro di indebitamento sono diventati come un macigno insostenibile. Il crollo di fiducia può essere spiegato con le riforme non fatte negli ultimi 20 anni, malgrado gli inviti sempre più pressanti che giungevano da ogni organismo internazionale. Così come il declassamento subìto dal rating della Repubblica per opera di Standard&Poors e Moodys, con le conseguenti ricadute sulle nostre banche gonfie di Btp, ha aperto spazi allulteriore escalation dello spread.
Ma ciò non può comunque spiegare del tutto limpazzimento del differenziale, quel moto ascendente irrefrenabile fino agli attuali 530 punti nonostante i ripetuti acquisti di titoli tricolori da parte della Bce. Finora, lo shopping dellEurotower si è dimostrato niente di più che un palliativo. Altrettanto inefficace si è rivelato il taglio a sorpresa dei tassi deciso dal presidente dellistituto di Francoforte, Mario Draghi, allinizio del mese. Anche in quel caso, il calo dello febbre è stato solo illusorio e temporaneo.
E veniamo a quanto fatto dallItalia in questo periodo. Il grafico illustra chiaramente come le manovre anti-crisi varate dal governo Berlusconi non siano riuscite nellintento di raffreddare lo spread. I mercati hanno immediatamente metabolizzato il primo provvedimento, per pretenderne subito dopo un altro, e poi un altro ancora. Nè le dimissioni di Berlusconi, nè lincarico affidato a Mario Monti hanno di fatto invertito un trend che sta già annullando i benefici, in termini di risanamento dei conti pubblici, delle manovre fin qui effettuate.
La novità è però che ora sono finite sotto attacco anche Francia, Spagna, Belgio e Austria. Parigi, in particolare, pone seri interrogativi sul mantenimento della tripla A delleccellenza. E se Parigi viene declassata lintero impianto del fondo salva-Stati e della Bce entra in crisi, poichè esso è basato sulla dottrina dei Paesi forti, anzi fortissimi, che dettano legge a quelli indisciplinati.
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