Sventoliamone pure due. E magari oggi saranno tre. Abbiamo esportato a Parigi Fede Pellegrini (solo un prestito con diritto di ritorno), ci siamo inorgogliti quando Simona La Mantia ha mandato a tutto gas quel suo fisico da tigre della pedana e sè mangiata il triplo salto che vale un oro. Vale oro, un po come la testa sua, ragazza cuore di Sicilia innestata nella mentalità altoatesina, e quelle gambe lunghe che chiamano una passerella. Avant enfants (declinatelo pure al femminile) de lItalie: Parigi ce lo deve concedere. LItalia esporta ragazze da podio. In alto i cuori al Palais Omnisport de Bercy, euroindoor in gloria, successo numero 25 della serie iniziata da Renato Dionisi (asta) nel 1973, proseguita da Sara Simeoni, Pietro Mennea e compagnia gloriosa. Oggi ci proverà Antonietta Di Martino nellalto, dopo avere superato le qualificazioni e forte di quei m. 2,04 saltati nella stagione indoor.
Ieri Simona, palermitana delle Fiamme Gialle, 28 anni e un po di botta e risposta con sfortuna e infortuni, si è giocata la gara dellorgoglio e del suo credo: ci sono o non ci sono? Aveva vinto largento agli ultimi europei allaperto a Barcellona, sbucata dalle tenebre di dolenti incertezze. Poteva essere un caso? Se lè chiesto anche lei. Attendeva risposta. Lha avuta: «Barcellona mi ha dato consapevolezza. Fiducia nei mezzi. Il segreto? Lavoro, tranquillità, una vita regolare tanto che adesso vorrei regalarmi un po di svago». Dove? A Eurodisney, ha azzardato. Non certo al Moulin Rouge. Che poi il fisico suo non avrebbe nulla da invidiare a nessuna.
Tutto era cominciato con un argento agli europei «under 23» nel 2003. Ragazza prodigio? Si, nelle attese. Poi cè la realtà e quella è stata molto più dura: mondiali di atletica proprio a Parigi nel 2003, Olimpiadi di Atene nel 2004, mondiali di Helsinki nel 2005, ma senza riuscire a qualificarsi per le finali. Mondiali indoor di Budapest 2004 (11ª), europei indoor di Madrid 2005 (8ª).
E stavolta due salti da far girare la testa: m. 14,60 (il secondo e il quinto: valgono il record mondiale stagionale), un po di fatica nel primo (14,17), una tranquillità consolidata dal terzo (14,49). E vai col vento. Ed anche con il vanto di sentire le sue avversarie tutte di schiena (la russa Zabara: 14,45; e la slovacca Veldakova: 14,39).
Bello e appagante. «Questa è una seconda carriera, dopo tre anni di infortuni e problemi, ora sono atleta e persona diversa», ha raccontato Simona, figlia di una storia che percorre la penisola: papà palermitano, ex siepista anni 70, e mamma altoatesina, una delle sorelle Mutschlechner. Storia già raccontata dopo Barcellona, ma stavolta con un motivo dorgoglio in più. «Mi piace lidea di essere un simbolo dellunità dItalia. Da mio padre ho preso la cocciutaggine del sud. Da mia madre cura dei dettagli e puntualità».
Nellatletica, e non solo, serve unItalia così.
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