Mantovano: espulsione per gli stranieri senza un reddito

Il sottosegretario all’Interno: "Noi siamo avanti rispetto alla Francia. Con il pacchetto sicurezza possiamo rispedire a casa i criminali, anche comunitari. Ora Bruxelles deve consentirci di farlo con i cittadini che non si sostentano da soli". La Cei: "L'italia non può cacciare nessuno"

In Francia Sarkozy ha scelto la linea dura nei confronti dei rom non integrati. In Italia il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, rilancia la proposta, già bocciata due anni fa dalla Ue, di rendere possibile l’espulsione per i cittadini comunitari privi di casa e di reddito. È una strada praticabile, sottosegretario Mantovano?
«La strada del rigore è una scelta obbligata. Allo stato attuale le norme Ue consentono nel caso dei cittadini comunitari l’espulsione forzata soltanto nel caso in cui ci sia un pericolo concreto per l’ordine pubblico».
Ma non è questo il caso dei rom rimpatriati dalla Francia.
«No. Si tratta di persone che non hanno casa e neppure un lavoro. Manca la possibilità di sostentamento. In questo caso è possibile sollecitare l’allontanamento attraverso l’intimazione, si può soltanto chiedere agli stranieri di tornare a casa loro. La richiesta però è destinata a restare sulla carta. Per questo i governi di solito accompagnano la domanda con un incentivo economico, come ha fatto appunto Sarkozy con i rom. Anche in Italia sono state praticate queste due strade, l’espulsione in caso di pericolo per l’ordine pubblico e quella con incentivo ma si tratta di casi limitati».
L’Italia seguirà la strada di Sarkozy?
«Il nostro governo, appena insediato, ha affrontato per primo e con decisione la questione nomadi. Maroni chiese subito alla Ue di ampliare la possibilità di espulsione. La richiesta fu respinta ma ora Maroni tornerà alla carica. Ricordo che abbiamo nominato immediatamente un commissario per i campi nomadi in tutte le grandi città: Roma, Milano, Napoli, Bologna, Torino e Venezia, dando il via ad un censimento straordinario allo scopo di identificare chi viveva in quei campi. I pregiudicati sono stati messi in carcere e sono stati espulsi gli extracomunitari privi di permesso. Abbiamo anche chiuso i campi abusivi in condizioni di degrado, cito per tutti il Casilino 900 a Roma. Ora abbiamo aperto il dialogo con i nomadi che vivono in campi regolari in condizioni migliori e mandano i figli a scuola. Se da un lato abbiamo sostenuto l’integrazione dall’altro però vogliamo poter cacciare chi non vuole integrarsi e non è in grado di mantenersi con un lavoro onesto».
Pensa che la proposta bocciata due anni fa ora potrebbe passare?
«Certamente con l’appoggio della Francia che sta operando scelte in questa direzione forse i rapporti di forza potrebbero cambiare. Osservo con rammarico che di fronte alla scelta di Sarkozy i commenti sono stati assai più cauti. Purtroppo quando invece l’iniziativa è dell’Italia c’è subito qualcuno che si alza e ci definisce nazisti e razzisti».
È arrivata la condanna della Chiesa anche per la Francia.
«Per la verità monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i Migranti, mi è sembrato assai più cauto nei confronti di Sarkozy di quanto lo sia stato poi monsignor Carlo Perego , direttore generale di Migrantes, con Maroni. Le parole di Perego sono state molto più dure. E mi dispiace dover osservare che nulla è stato detto sul nostro sforzo per l’integrazione e la scolarizzazione dei minori rom».
Dove andranno gli espulsi dalla Francia? Verranno in Italia?
«I nomadi allontati sono stati identificati con i dati biometrici e quindi per loro dovrebbe essere impossibile rientrare in Francia. È certo che se alcuni paesi Ue adotteranno norme più rigorose quelli che non lo faranno diventeranno il bacino di accoglienza degli espulsi».
Perché la Ue non riesce ad avere una linea politica comune sull’immigrazione?
«La Ue critica le iniziative dei singoli paesi ma non si assume la responsabilità di concordare fra tutti i membri una politica organica. Siamo stati soli con i rom e siamo ancora soli nelle trattative con la Turchia e la Libia. La Ue critica ma non sa decidere».
Altri due nodi da sciogliere in tema di immigrazione: l’apertura di nuovi Cie, i centri di identificazione ed espulsione e l’accorciamento dei tempi per ottenere la cittadinanza.
«Apriremo i centri nelle regioni dove mancano: Marche, Toscana, Campania e Veneto. Quello della cittadinanza “breve“ invece è un falso problema e non ci sarà alcuna accelerazione dei tempi. I dieci anni di residenza restano.

Semmai occorre adoperarsi per snellire le procedure. Ma si deve tenere conto del fatto che per sette extracomunitari su dieci lo scopo è tornare nel loro paese dopo aver imparato una professione e mandato a scuola i figli e in media ci vogliono appunto dieci anni».

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