Cronaca locale

Dal Manzoni alle Gallerie. "Era un vero collezionista"

A Villa San Martino Berlusconi veva costituito una Pinacoteca. Amava la musica: i classici e le canzoni napoletane

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Di tutte le passioni del Cavaliere, quella per l'arte è forse la meno nota. Eppure, Silvio Berlusconi negli anni aveva costituito una vera e propria pinacoteca in quella Villa San Martino di Arcore dove un tempo il conte Alessandro Casati accoglieva Benedetto Croce, da sempre la residenza preferita dal Cavaliere, che l'acquistò da Anna Maria Casati Stampa, figlia del marchese Camillo (la villa conservava quadri e medaglioni raffiguranti la famiglia, senza contare la biblioteca di diecimila volumi di cui Berlusconi finanziò poi un restauro conservativo).

Da Roma, Cesare Lampronti, gallerista con sede storica in via del Babuino, terza generazione di esperti di arte e antiquariato, specialisti in pittura italiana del Sei e del Settecento, più volte ha visitato la pinacoteca del Cavaliere: «Era un collezionista eclettico e appassionato racconta - Ci siamo conosciuti agli inizi degli anni Ottanta ed è sempre stato molto interessato all'arte. Amava il vedutismo veneziano, le nature morte, il Seicento italiano ma aveva anche un gusto particolare per tutto il decorativismo Art Déco e per il ritratto». Che cosa possiamo dire della sua pinacoteca di Arcore? «Non è possibile individuare un filone preciso perché rispecchiava il suo carattere poliedrico e curioso. Senz'altro aveva pezzi anche molto belli». Pezzi quali un «Ritratto di Ippolito dei Medici» del 1533 del Tiziano e opere importanti come e qui è Vittorio Sgarbi ad averlo rivelato alla stampa - opere di pregio come una copia dell'«Antea» del Parmigianino e persino una sorta di «Mona Lisa nuda» di incerta attribuzione ma di ambito rinascimentale. Non mancano anche pezzi che compongono la storia lombarda, come il ritratto della Marchesa Casati Stampa, opera dell'artista milanese Pietro Annigoni, esperto ritrattista di nobili e teste coronate (regina Elisabetta inclusa). La cosiddetta «quadreria di Villa San Martino», allestita con opere di arte antica e moderna ascoltando il parere di esperti e galleristi (ma tutti concordano nel dire che il Cavaliere seguisse sempre il suo gusto personale) aveva come contrappunto contemporaneo la passione per la scultura imperiosa di Pietro Cascella, artista ed esperto marmista abruzzese (cui Berlusconi già nei primi anni Novanta aveva commissionato per la sua residenza di Arcore il mausoleo «La volta celeste» in travertino).

E se il rapporto di Berlusconi con l'arte era piuttosto privato (e a tratti bizzarro: lo stesso Cavaliere ha più volte raccontato di aver acquistato opere d'arte durante alcune televendite notturne) non sono mancati, specie dopo la sua discesa in campo, le declinazioni artistiche più disparate sulla sua persona tanto che il critico Luca Beatrice ci scrisse, già una decina d'anni fa, per Rizzoli, il fortunato saggio «Nati sotto il Biscione». L'arte ai tempi di Silvio Berlusconi per sottolineare come il suo stile abbia caratterizzato, anche a livello iconografico, l'immaginario di un'epoca. Accanto alle interpretazioni critiche e spesso ironiche di firme quali Giuseppe Veneziano o dello street-artist (di stanza tra Milano e Barcellona) Tvboy, anche qualche sorpresa in salsa pop come la cover che nel 2009 la rivista Rolling Stone dedica a un ritratto del Cavaliere in campo tricolore firmato dal celebre artista Obey (famoso per la campagna «Yes we can» che fece vincere le prime presidenziali americane a Barack Obama) e, più di recente, nel 2021, «Piano B», una mostra immersiva proprio all'Enterprise Hotel di Milano che ricostruiva attraverso apparati multimediali la storia imprenditoriale di Silvio Berlusconi, dalla fine degli anni Cinquanta all'ingresso in politica.

Con una sorella, Maria Antonietta, dedita per una vita alla danza classica e al suo insegnamento a Milano, una nipote artista, Luna, la passione per il calcio con le tante coppe conquistate, e ancora una passione (anche questa sì parecchio nota, condivisa con l'amico Fedele Confalonieri) per la musica: dai classici americani come Gershwin agli chansonnier e alla musica napoletana.

Poi Berlusconi editore (nel mondo dei libri, della stampa, della radio e della tv) su cui tutto è già stato detto e scritto; a Milano fu anche il primo vero mecenate di un teatro. Parliamo del Manzoni. Correva l'anno 1978, la città non era ancora la «Milano da bere» degli anni Ottanta e i palcoscenici privi di sostegni pubblici pativano: il Manzoni, sentinella del teatro dell'arte situato nell'omonima via, era a rischio chiusura. Si pianificava sui suoi spazi la creazione di un supermercato, pensato per la clientela del centro cittadino. Per la sorpresa di molti, fu comprato dalla Fininvest di Berlusconi che lo salvò non solo da morte certa, ma si adoperò per il rilancio.

Sotto la direzione artistica di Luigi Foscale, che lo gestirà per più di vent'anni, il Manzoni intraprese una nuova, feconda fase dedicata alla prosa, in particolare alla commedia.

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