Roma - «Ci aspettano sfide impegnative. Ma in Italia si è creata una situazione favorevole al cambiamento. C’è un nuovo governo, sostenuto da una forte maggioranza parlamentare. C’è un clima di minore contrapposizione, c’è una consapevolezza diffusa della gravità della situazione». Uno scenario «nuovo e irripetibile, adatto per far rinascere il Paese», lo definisce Emma Marcegaglia nel suo discorso d’investitura all’assemblea della Confindustria, davanti a imprenditori e sindacalisti, uomini di governo e d’opposizione.
Nuovo presidente di Confindustria, nuovo governo, nuova consapevolezza dei problemi da affrontare con decisione.
Sbarazzandosi magari di cascami ideologici - dall’intangibilità dell’accordo del ’93 sul costo del lavoro all’ostilità al nucleare - ed affrontando senza paura le riforme. Da troppo tempo, ricorda la Marcegaglia, l’Italia è bloccata. Per riprendere la strada della crescita ci sono alcuni passaggi obbligati: ad esempio un piano energetico che preveda il ritorno agli investimenti sul nucleare e la realizzazione di rigassificatori e termovalorizzatori (con immediata risposta del ministro dello Siluppo economico, Claudio Scajola, che si è impegnato a ritornare al nucleare entro la legislatura). Ma anche una formazione scolastica efficace, che premi le eccellenze, e una lotta senza quartiere agli sprechi di risorse e all’assenteismo nella pubblica amministrazione: «Leggiamo che i fannulloni verranno licenziati: è un principio che ci vede totalmente d’accordo, purché alle parole seguano i fatti». Plauso diffuso, perfino da Pietro Ichino, il giuslavorista del Pd.
Un lungo capitolo della relazione della Marcegaglia riguarda le relazioni con i sindacati. Con Cgil-Cisl-Uil, dice, «possiamo chiudere una lunga stagione di antagonismo», superando un modello «obsoleto» di relazioni sindacali. Il sistema di contrattazione è ancora quello del ’93, quando c’era la lira e la parola globalizzazione non aveva alcun significato per i più. Di fronte alle esigenze di oggi è «inadeguato, perché impone a realtà produttive diverse retribuzioni uniformi: occorre alleggerire il contratto nazionale per dare più spazio e risorse alla retribuzione legata ai risultati aziendali». L’obiettivo di Confindustria è di chiudere la trattativa sui contratti entro settembre. «L’intesa si farà anche prima, noi siamo pronti», rispondono Raffele Bonanni, Luigi Angeletti e Renata Polverini, segretari di Cisl, Uil e Ugl. Scettico invece Guglielmo Epifani, che accusa la Marcegaglia di sottovalutare la condizione salariale dei lavoratori: «I salari, per noi, vanno aumentati», afferma il leader della Cgil.
La neopresidente della Confindustria sa di toccare un argomento delicato, ma non esita a chiedere un nuovo intervento per aumentare l’età pensionabile. Ricorda al governo e ai sindacati che è l’eccessiva spesa per le pensioni che toglie risorse al welfare, ai sussidi di disoccupazione, agli aiuti alla famiglia, a quella «grande risorsa» che è l’occupazione femminile. «Solo il 47% delle donne italiane è attivo; se fossimo ai livelli europei - osserva - il nostro Pil aumenterebbe del 7%».
E le imprese? Chiedono al governo meno fisco, con una riduzione delle aliquote Ires e Irap; meno burocrazia e più liberalizzazioni. Ricordano che «al federalismo fiscale dovrà accompagnarsi un taglio di spesa frutto della lotta agli sprechi e alle duplicazioni». Chiedono alle banche maggiore collaborazione per puntare alla crescita.
Da parte loro, gli imprenditori si impegnano a investire in ricerca e innovazione; a una maggiore efficienza energetica; al pieno rispetto delle regole e, specie al Sud, alla lotta per la legalità; alla sicurezza sul lavoro. Nel 2010 la Confindustria compirà cent’anni: sarà la prima presidentessa a traghettarla verso «riforme e modernizzazione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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