Le Marcelline festeggiano il fondatore

L’«ordine» è nato nel 1838 per volontà di don Biraghi: in città conta tre istituti

Marta Bravi

Per la prima volta in assoluto ieri sul sagrato del Duomo, e non nella basilica di san Pietro, è stata celebrata la cerimonia di beatificazione di due preti ambrosiani. Questo quanto deciso dal papa Benedetto XVI per Luigi Monza, fondatore del l’Istituto Secolare delle piccole Apostole della Carità e Luigi Biraghi, fondatore della Congregazione delle Suore di Santa Marcellina. Mentre il santo viene venerato dalla Chiesa universale, che ha la sua sede in San Pietro, il beato verrà d’ora in poi venerato nella «Chiesa locale» cioè nella diocesi in cui è nato, ha vissuto, ha operato.
La vocazione di don Biraghi (1801-1879) era l’insegnamento, cui si dedicò fin da giovanissimo insegnando nei seminari minori di Seveso e di Monza e al Seminario maggiore di corso Venezia a Milano. Nel 1833 viene nominato direttore spirituale, carica che mantiene fino al 1855, quando diventa direttore della Biblioteca ambrosiana.
Persona carismatica e sensibile ebbe un’intuizione profetica: perno della società è la famiglia, perno della famiglia la donna. Ecco, quindi, che educando «la testa e il cuore delle donne» si poteva agire in senso spirituale anche sulla società. Una società, quella dell’ottocento lombardo, dominata dalla borghesia, industriale e maschilista, che relegava alle donne il ruolo di madri.
Nel 1838 apre il primo collegio delle Marcelline a Cernusco sul Naviglio, diretto da Marina Videmari, cui seguono quello di Vimercate nel 1841 e di Milano (via Quadronno) nel ’54. Fonda un collegio a Genova per permettere alle ragazze di curarsi dalla tubercolosi con bagni marini, in Francia, Svizzera, Inghilterra, Canada, Brasile. Santa Marcellina, da cui prende il nome l’ordine, era la sorella maggiore di Sant’Ambrogio, nonché sua confidente spirituale. Filosofia educativa delle Marcelline è la volontà di formare delle buone donne cristiane, colte e rette, proprio per questo le suore laiche, per poter essere abilitate all’insegnamento in questi collegi, dovevano avere conseguito la «patente» l’equivalente della nostra laurea, e alle ragazze venivano insegnate le lingue (francese e tedesco), filosofia, storia, matematica, letteratura, scienze. Non solo, una buona donna di casa doveva essere anche in grado di cucinare, lavare i piatti, sapere organizzare la dispensa. Il metodo «benedetto» prevedeva che le educatrici trascorressero tutto il tempo con le allieve, tanto che spesso si creava un legame madre figlia con le ragazze. Nonostante ciò il convento era aperto e don Biraghi aveva previsto che le sue allieve, che vi trascorrevano dai 6 ai 16 anni, andassero a casa per le vacanze e ricevessero frequenti visite dai genitori e parenti. In questi istituti, sicuramente innovativi e all’avanguardia per i tempi, ha studiato anche la madre di Papa Paolo VI.
Attualmente a Milano sono aperti, anche ai ragazzi, l’istituto di via Quadronno e di piazza Tommaseo e l’asilo di piazza Caserta.

«Il fatto che esistano ancora dopo tanti anni - un secolo e mezzo - e godano di prestigio internazionale è la prova che "nell’amare Gesù Cristo non bisogna mettere misura" come diceva monsignore Biraghi», parola di Dionigi Tettamanzi.

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