Marchionne: «Fiat? Primi della classe»

Oggi il top manager tra gli operai di Cassino. Per la Bravo ridotti da 23 a 18 mesi i tempi di sviluppo: è il primo progetto senza prototipi

da Milano

«Il cambiamento è possibile e ora abbiamo l’ambizione di essere i primi della classe». È un avvio d’anno all’insegna dell’ottimismo quello di Sergio Marchionne, impegnato ieri a Torino nella presentazione di Fiat Auto Financial Service (Fafs), la società paritetica costituita con il Crédit Agricole che si occuperà degli aspetti finanziari nelle vendita delle vetture del gruppo. Alla convention, che si è svolta al Lingotto, erano collegati in videoconferenza da undici Paesi i dirigenti della nuova compagnia italo-francese («puntiamo a diventare il punto di riferimento del mercato», ha precisato Marchionne). L’occasione è servita all’amministratore delegato della Fiat per ribadire che «i conti a posto sono il primo segnale di un’autentica trasformazione, basata sulla meritocrazia, sull’aumento della capacità competitiva nonché su numerosi e nuovi modelli di successo». Marchionne, nel sottolineare come Fiat Auto sia «più forte e più dinamica», ha ricordato l’uscita tra il 2007 e il 2010 di 23 nuovi modelli e il rinnovamento di altrettanti, senza tralasciare lo sviluppo della rete commerciale, problema per la cui soluzione il top manager sta spingendo sull’acceleratore. In proposito, nei prossimi quattro anni oltre 800 milioni saranno destinati al potenziamento della struttura di vendita europea. «La Fiat - ha aggiunto Marchionne - è oggi molto differente rispetto a pochi anni fa: la situazione finanziaria dell’Auto è finalmente fuori dalle acque agitate».
Oggi il numero uno del Lingotto sarà a Cassino (Frosinone) dove visiterà lo stabilimento che si prepara a produrre a pieno regime la nuova Bravo. Sulla presentazione internazionale del modello, in programma alla fine del mese, è concentrata l’attenzione di analisti e investitori. La Bravo, infatti, nelle aspettative della Fiat è destinata a portare il marchio italiano nelle posizioni di vertice del segmento C, quello delle vetture medie, che in Europa vale 4 milioni di unità, il 25% del mercato continentale. La novità torinese, in pratica, si prepara a dare battaglia a un mostro sacro del calibro della Volkswagen Golf. Con la Bravo, inoltre, la casa di Mirafiori vuole far dimenticare l’insuccesso ottenuto dalla Stilo. Presentata in pompa magna a Barcellona nel 2001, pochi giorni prima dell’attacco terroristico alle Torri gemelle, sulla Stilo avevano pesato gli errori di valutazione della passata dirigenza. Gli investimenti, infatti, erano stati tarati su una produzione di 400mila modelli l’anno, mentre le vendite si sono poi attestate sulle 100-120mila unità annue. Meglio era andata per la precedente gamma Bravo-Brava (più richiesto il primo modello del secondo): 1.250.000 esemplari venduti. Difficile, invece, il raffronto con Ritmo e Tipo (1.000.000 di unità commercializzate per ciascun modello) visto che, tra gli anni ’70 e ’80, Torino valeva il 60% del mercato e non esisteva, da parte straniera, la concorrenza attuale.
Per la nuova Bravo la tattica adottata da Marchionne è più prudente: il break even, infatti, sarà raggiunto già a 75mila modelli e l’obiettivo di produrne 120mila (con la possibilità di sforare abbondantemente grazie alla flessibilità di Cassino) la dice lunga sulle ambizioni messe in conto da Marchionne e dal responsabile del marchio Luca De Meo. Ma la Bravo, oltre alla linea aggressiva disegnata dal Centro stile diretto da Frank Stephenson, sarà presentata al pubblico come il primo modello al mondo interamente sviluppato con un processo virtuale che ha permesso di guadagnare, rispetto alla progettazione della Grande Punto, 5 mesi (da 23 a 18).

Nel blog dedicato alla Bravo, il responsabile del progetto, Gianfranco Romeo, parla di «scelta coraggiosa, che rappresenta sicuramente una svolta nel modo di produrre sia per Fiat Auto sia per le altre case, visto che i test sulla vettura reale hanno confermato quelli virtuali», quindi effettuati al computer e senza ricorrere ai tradizionali concept. Anche così si tagliano i costi.

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