Non saranno i mercati e la finanza a imporre i governi ai Paesi. Lo ha ricordato ieri il neosegretario del Pdl, Angelino Alfano, durante il suo intervento alla Camera. È un principio sacrosanto, anche se è vero che possono provarci. Per fare cosa? Gli affari loro, come hanno sempre fatto e sempre faranno. Non dimentichiamoci che questa crisi globale è nata per esclusiva colpa della finanza e dei mercati allegri. Un gruppo non piccolo di imbroglioni, egoisti ed arroganti ma sempre ben vestiti e riveriti dalla stampa libera e democratica (mai letta un’inchiesta su certe banche) ha truffato i risparmiatori e gli Stati. Così è nato il casino nel quale ci troviamo. Per di più con la beffa che abbiamo pure dovuto salvarli perché se il sistema bancario nazionale e internazionale fosse fallito ci saremmo trovati per strada da un giorno all’altro come è successo in Argentina. Ma per davvero, non come sostengono (è terrorismo mediatico) Bersani e Di Pietro a proposito dell’attuale situazione italiana. Da questo peccato originale non possono chiamarsi fuori neppure le grandi industrie e le multinazionali che nell’ultimo decennio hanno fatto profitti più con la finanza che con i prodotti. Guadagni facili che hanno indebolito la crescita e lo sviluppo ora invocati. Per questo lascia perplessi l’uscita di ieri di Sergio Marchionne, coraggiosa guida di Fiat, sulla necessità che in Italia serva una nuova leadership. Marchionne ha poi smentito in serata che si riferisse al governo italiano. Prendiamo atto di una retromarcia che sa di scuse rispetto a una uscita che in queste ore è da irresponsabili non solo nei confronti di Berlusconi ma dell’Italia intera. Vorremmo comunque ricordare un paio di cose. Per esempio che è decenni che il mondo non capisce alcune cose italiane, tipo come mai alla Fiat fu permesso fino ad Agnelli vivente e regnante di privatizzare gli utili (trovati poi su conti privati all’estero dove erano stati per lo più esportati in nero) e socializzare le perdite (aiuti di Stato, cassa integrazione, stabilimenti gratis). E forse, più di recente, all’estero sono rimasti sorpresi nel vedere per la prima volta una azienda privata, la Fiat di Marchionne appunto, liberarsi dal giogo Stato-sindacati per cercare di stare sul mercato in modo concorrenziale e quindi efficace. Se ciò è stato possibile, se Marchionne ce l’ha fatta a salvare Fiat, lo si deve anche, direi soprattutto, a questo governo e a questa leadership (Silvio Berlusconi) che rischiando l’impopolarità non è intervenuto nel durissimo braccio di ferro azienda-sindacati, come certamente avrebbero fatto altri esecutivi di altre maggioranze. Dare carta bianca e via libera al piano Marchionne non è avvenuto attraverso una legge, ma gli effetti sullo sviluppo e la tenuta del Paese sono stati infinitamente superiori a qualsiasi riforma. Marchionne vuole una nuova leadership? Si accomodi.
O pensa a qualcuno dei suoi colleghi tecnici della finanza (quelli che hanno provocato, o quantomeno non evitato la crisi) che ci riempirebbero di tasse (che poi le auto chi le compra?) oppure è anche lui affascinato dalle sirene della sinistra. E poi voglio vederlo al tavolo delle trattative con Vendola, Di Pietro e Rosy Bindi. Meglio, molto meglio per tutti ( anche per Fiat) dare per buona la smentita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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