Marchionne: «Nel 2009 sarò ancora in Fiat»

da Milano

«Nel 2009 Marchionne sarà ancora in Fiat, dico inoltre che Marchionne è bravo a fare l’amministratore delegato (a proposito del rinnovo del cda nel 2009 e delle voci su un possibile incarico anche alla presidenza, ndr)». Dunque, nuove rassicurazioni sul suo futuro, nel giorno in cui la Borsa ha ripreso forza (più 12,37% e titolo Fiat a 7,7 euro) sono arrivate ieri a Milano dal top manager del Lingotto. L’occasione per fare il punto sul gruppo di Torino, a una settimana dal cda sulla trimestrale, è stata l’inaugurazione del XXI Master in marketing, comunicazione e sales management di Publitalia.
Ospite di Fedele Confalonieri e Giuliano Adreani, rispettivamente presidente e ad di Mediaset, e intervistato dal direttore del Tg5, Clemente J. Mimun, Marchionne non ha fatto misteri delle insidie che attendono Fiat. «Stiamo facendo delle valutazioni - risponde al Giornale - ne saprò molto di più la prossima settimana in occasione del consiglio che terremo negli Stati Uniti. Nel confermare gli obiettivi di quest’anno, ribadisco che il 2009 si presenta potenzialmente difficile. Se la domanda continua ad asciugarsi il nuovo anno non sarà buono, ma non sarà solo la Fiat a soffrire». Un 2009 complesso significa anche che proseguiranno i problemi produttivi: «Il ricorso alla cassa integrazione - spiega Marchionne - in questi casi è obbligato. E sicuramente non mi fa piacere». Per il top manager la crisi che ha sconvolto le Borse avrà strascichi inevitabili. «Le decisioni prese nel fine settimane sono importanti - osserva il top manager - ma potevano essere prese una settimana prima. L’economia ha bisogno di una finanza efficiente». E indossando i panni di vicepresidente di Ubs, Marchionne dice che «è importante garantire l’integrità delle banche» e che «dopo dieci anni durante i quali il sistema finanziario ha dettato le regole dello sviluppo industriale dei Paesi, ora si tornerà a un maggiore equilibrio». L’ad del Lingotto ha poi risposto alle domande di alcuni studenti. Sui progetti relativi all’auto «low cost» ha spiegato che «si sta pensando a un nuovo marchio». «Questa vettura - ha aggiunto - non sarà mai una sorta di Tata Nano e vedrà la luce nel 2010 in uno degli stabilimenti esteri del gruppo. Nel giro di sei mesi prenderemo delle decisioni. La Fiat non poteva restare esclusa dalla battaglia sulle auto a basso costo che si scatenerà in Europa nei prossimi 24-36 mesi. Con Luca De Meo e gli altri manager siamo impegnati a reinventarci un marchio». Marchionne ha parlato anche degli sviluppi della partnership con Tata: «Esistono potenziali applicazioni degli accordi anche fuori dall’India; le acquisizioni di Jaguar e Land Rover concluse da Ratan Tata possono offrire opportunità di collaborazione». Sulle vendite di auto, che rimane il settore più influente del Lingotto e sul quale la Borsa guarda costantemente, Marchionne ha anticipato che «a settembre in Europa sono andate meglio del 2007». Ma l’obiettivo che l’ad si è posto per il mercato italiano è raggiungere al più presto il 35% di quota, dal 32-33% attuale. Sulla strategia internazionale Marchionne ha precisato al Giornale: «La Cina? È un lavoraccio, ma stiamo finalizzando con entrambi i soggetti (Chery e Guangzhou, ndr). Gli Stati Uniti? Guardiamo il Paese con occhi nuovi. Avere aspettato a guardare a un’alternativa è stata una buona cosa. Se parliamo con Chrysler? Sempre. La Russia che comincia a rallentare? È un fatto temporaneo». Nell’intervista a Mimun non sono mancate le battute («se assumerei mio figlio? Compirà 19 anni fra tre giorni, mai se continua così»; «una delle ragioni per cui Fiat è arrivata dove è ora è perché non sono ingegnere») e il ricordo dei momenti più difficili della sua esperienza a Torino («devo molto a Gianluigi Gabetti, persone così non ne nascono più: mi è stato vicino nel momento più difficile e delicato, all’inizio del mio mandato»).

E tornando ancora indietro negli anni, dopo aver ricordato che è stato Umberto Agnelli a volerlo nel cda della Fiat, Marchionne ha ammesso di essersi accorto solo dopo la sua nomina di quanto la situazione fosse ancora più disastrosa di quello che poteva immaginare. «Se fossi stato razionale - ha confessato - non avrei accettato».

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