Politica

«Maria non parla e non mangia. Deve uscire di cella»

Gli avvocati della mamma di Lecco accusata di aver affogato il figlioletto hanno chiesto la perizia psichiatrica: «È in stato catatonico»

da Lecco

Come una bella bambola rotta. Senza pile, disarticolata. Non parla e non mangia più Maria Patrizio, la mamma del bimbo annegato nella vaschetta da bagno e arrestata con l’accusa di essere lei l’assassina.
Da quando, settimana scorsa, è finita in cella passa le ore sdraiata sulla sua branda di San Vittore, lo sguardo fisso nel vuoto. Di tanto in tanto, come se si risvegliasse da un torpore malato, domanda - come è successo ieri mattina quando è andata a trovarla uno dei suoi avvocati - del suo bambino che non c’è più («Mirko mi manca da morire»). Poi chiede di Kristian, il marito: vorrebbe incontrarlo. Ma è un attimo, un flash. Maria sembra non vedere chi le siede di fronte. Nemmeno ascolta, come se non sentisse. In carcere c’è un corpo senz’anima, forse senza più voglia di continuare. È una bimba atterrita nonostante sembrasse donna quella che tutti in paese chiamavano Mary e che sognava di diventare una stellina della tv e dei rotocalchi. Calzoni bianchi, maglietta, gli occhi castani spenti come cenere. Come sono lontane le foto da aspirante modella. Si risiede, allunga le gambe e ripiomba nel suo mondo popolato da chissà quali e quanti fantasmi. La bellezza è evaporata.
«È in stato catatonico, è confusa», spiega Fabio Maggiorelli, il legale genovese che la segue insieme con il collega Ernesto Rognoni. Ieri è andato a trovarla oltre al sottosegretario alla giustizia Jole Santelli l'europarlamentare della Lega Matteo Salvini. Mary «alloggia» nella prima cella sulla sinistra nel reparto infermeria, in compagnia di un'altra detenuta, una italiana sui 40 anni. Porta aperta, controllata 24 ore su 24 per evitare che possa tentare qualche gesto estremo. Ma lei rifiuta di parlare: «Non comunica con nessuno, né con le suore, né con l'assistente sociale, né con la sua compagna». L’altro ieri ha mangiato a malapena un po’ di passato di verdura, ieri a colazione un paio di fette biscottate e a pranzo digiuno. «Ha perso cinque chili in una settimana», dice l’avvocato Rognoni. «È una ragazza malata, sembra che viva realtà diverse. Per questo abbiamo chiesto una perizia psichiatrica. Dobbiamo anche capire se la detenzione sia compatibile con le sue condizioni. Penso che il carcere non sia il posto giusto per una nelle sue condizioni». Maria Patrizio, in questi giorni, non ha chiesto né un libro, né una rivista e neanche qualche disco. Nemmeno tv e radio le interessano. «È come se fosse assente. È fuori di sé, ha lo sguardo assente», racconta Matteo Salvini. La difesa di Mary, del resto, lo aveva già chiesto al gip durante l’interrogatorio di venerdì scorso: arresti domiciliari, o ricovero in un centro di cura. Il giudice ha risposto no. Presto verrà nominato un perito. Ci potrebbe essere a giorni un nuovo interrogatorio. Ammesso che Maria Patrizio decida di parlare. Ammesso che sia capace di ricordare cosa è davvero accaduto quel maledetto 18 maggio.
La famiglia, il marito operaio, nonostante tutto, a dispetto di tutti, è con lei. Per ora non può incontrarla. Sua moglie, di fatto, è in isolamento.


Ma coi troppi demoni attorno.

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