Marianna Ucrìa e il trionfo dell’intelligenza

È una storia di emancipazione dal dolore, dalla diversità, dal perbenismo, dalla violenza, dal grigiore del quotidiano quella che Dacia Maraini racconta nel suo celebre romanzo La lunga vita di Marianna Ucrìa (premio Campiello nel ’90). Una storia di fatica al femminile, di battaglie vinte, di sogni infranti e tenacemente ricostruiti. Una storia estremamente moderna che, proprio per la sua forte emblematicità, funziona anche a teatro, «traslata» nella lingua fisica e immediata della scena, nell’hic et nunc della rappresentazione teatrale. Testimonianza ne siano i premi e il caloroso successo che la prima edizione dello spettacolo omonimo - prodotto dallo Stabile di Catania e diretto da Lamberto Puggelli - si accaparrò nel ’92. Adesso, quel lavoro torna sulle scene capitoline (all’Argentina da questa sera) in una nuova edizione che, confermando la paternità della regia, rinnova il cast (oltre venti gli interpreti coinvolti) e affida a Mariella Lo Giudice e Luciano Virgilio i ruoli principali. Al di là del nevralgico apporto dei nuovi attori, la struttura e la «forma» di questa Marianna Ucrìa 2006 sono dunque sostanzialmente le stesse di allora: sono stati recuperati i costumi e le scene di Roberto Laganà Manoli così come le musiche originali di Giovanna Buratta, ma soprattutto si è tenuto fede all’adattamento drammaturgico che la stessa Maraini ha elaborato a partire dal suo libro.
Adattamento dove la scrittrice supera l’esigenza di usare un linguaggio ad hoc attraverso l’espediente di un io narrante che ripercorre le vicende familiari di Marianna restituendo tutta l’atmosfera di decadenza e ipocrisia propria della nobiltà palermitana del ’700. La fragile duchessa violentata a sei anni e resa sordomuta dalla barbarie di quell’esperienza indelebile si sdoppia pertanto quasi in due anime: la pacatezza del racconto autobiografico accompagna i diversi momenti di una crescita caparbia e consapevole che, grazie alla scrittura e alla voglia di conoscenza, permette alla sfortunata protagonista di vincere la sua battaglia di donna e di individuo, si direbbe oggi, «diversamente abile».
Garantendo il trionfo dell’intelligenza e della sensibilità sulle lacerazioni intime più indicibili e sulle dinamiche sociali più perverse.


Lo spettacolo siciliano va ad aggiungersi, nel repertorio dello Stabile catanese, al già ricco carnet di titoli ispirati alla letteratura «isolana» (citiamo almeno Cattura di Pirandello, I Malavoglia di Verga, Il Marchese di Roccaverdina di Capuana, Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, Anni perduti di Brancati e La concessione del telefono di Camilleri): capolavori indiscussi dove vibrano i legami con la tradizione e la Storia di una terra davvero unica.
In cartellone fino al 28 maggio. Informazioni: 06/684000345/6.

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