Marini apre al dialogo, An e Lega chiudono

Cicchitto (Fi): «Maggioranza pericolante non per colpa del sistema di voto»

nostro inviato a Rimini
La politica riprende corpo e si schiarisce la voce dopo la breve pausa estiva. E con Franco Marini, ospite dell’appuntamento inaugurale del Meeting di Rimini, compie la prima mossa sullo scacchiere del dialogo, in vista del grande appuntamento autunnale della Finanziaria. Il presidente del Senato mostra subito di avere qualcosa da dire al popolo ciellino. Promette di «non parlare di infinito come potrebbe fare un filosofo o un teologo, né di ragione come farebbe un politico».
Ma si sforza subito di portare il tema su un tema che gli è caro: la necessità del dialogo tra i poli. Un appello accorato, respinto al mittente dall’ala dura della Cdl, ovvero da An e Lega, che fanno muro, dicendo a chiare lettere che è troppo facile evocare la collaborazione quando sono i numeri parlamentari a renderla necessaria. È la Finanziaria il primo appuntamento indicato dal numero uno di Palazzo Madama come occasione per costruire «un terreno comune, un clima di dialogo e di confronto alla luce del sole tra maggioranza ed opposizione» per il bene dell’Italia. Ma Marini si spinge oltre la legge di bilancio e vede tanto nel tema delle riforme quanto nel cambio della legge elettorale l’occasione per «un dialogo trasparente» tra i poli.
Ma senza rischi di Grosse Koalition alla tedesca. Per quella, secondo Marini, l’ostacolo insormontabile è rappresentato dal «lungo periodo di confronto in campagna elettorale senza risparmio di colpi tra maggioranza e opposizione». Tuttavia, «un clima di dialogo sulle grandi questioni tra le forze politiche» serve. E, per Marini, rappresenta «una maturazione del nostro bipolarismo per il bene superiore del nostro Paese. Perché un dialogo e un confronto trasparente sono un frutto buono del bipolarismo, la prova della sua solidità e non una minaccia alla sua vitalità». Marini si sceglie anche il suo interlocutore preferito, portando ad esempio il «senso di responsabilità nella ricerca di punti di intesa con la maggioranza» del leader udc Pier Ferdinando Casini, che all’inizio d’agosto aveva proposto un accordo su «grandi temi di interesse nazionale» senza veti su Prodi. Finite le carezze arrivano anche le stoccate. «La legge elettorale varata dalla Cdl nella scorsa legislatura è pessima e andrà modificata il prima possibile» sentenzia Marini, perché «ha determinato un evidente squilibrio tra i risultati elettorali di Camera e Senato», una «sofferenza alla democrazia bipolare» e un «indebolimento della governabilità del Paese».
E tramite la platea del Meeting, Marini lancia un appello a cattolici: per non rischiare «la dispersione e l’irrilevanza culturale», prendano «più responsabilità nell’agenda culturale e politica del Paese». Le aperture di Marini segnano profondamente il dibattito politico di giornata. Ma più che entusiasmo accendono diffidenza nei potenziali interlocutori. «Ogni volta che aprono al dialogo vuol dire che non hanno i numeri. E allora la soluzione è una sola e politica: ne prendano atto e si torni al voto» contrattacca Roberto Calderoli. «È una presa in giro. Non riesco a capire - afferma l’esponente leghista - questo modo di fare: dicono una cosa e ne fanno un’altra. Non siamo stati noi a vincere le elezioni con i brogli, non siamo stati noi a eleggere a colpi di maggioranza il presidente della Repubblica e i presidenti delle Camere, non siamo noi a sfruttare i senatori a vita. E poi quale dialogo vogliono? Ci prendono in giro?».
Se Calderoli sbatte la porta, Ignazio La Russa la accompagna con maggiore dolcezza. Ma il senso del messaggio è lo stesso. «Marini, dal suo angolo di visuale, si rende conto della debolezza della maggioranza e dell’impossibilità di fare alcunché» dice il capogruppo di An alla Camera. «È ovvio e scontato che cerchi di trovare spazi per far durare un’esperienza che mi pare condannata all’insuccesso». Marini raccoglie critiche dalle parti della Cdl anche per i giudizi tutt’altro che lusinghieri espressi sulla legge elettorale. «Voglio bene a Marini ma è inaccettabile che minacci i senatori di cambiargli la legge in base alla quale sono stati eletti. Combatteremo con ogni mezzo il ritorno ai collegi uninominali, vero obiettivo dei restauratori dell’Unione» promette il segretario della Dc, Gianfranco Rotondi.
E il vicecoordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, liquida come «pretestuoso e discutibile» l’attacco di Marini alla legge elettorale. «Le difficoltà di governabilità non discendono dalla legge elettorale ma dal fatto che praticamente l’elettorato italiano è diviso in due e che la risicata maggioranza è profondamente divisa al suo interno» attacca Cicchitto.

«Il problema non è risolvibile né facendo una legge elettorale su misura delle esigenze della maggioranza, né cercando al Senato di recuperare qualche senatore dell’opposizione, operazione del tutto sbagliata perché trasformista e di impossibile realizzazione anche perché tutti hanno presente la debolezza del governo Prodi».

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