Caro Giornale, ha debuttato al Politeama Genovese la mitica Compagnia Goliardica «Mario Baistrocchi» colla rivista «Speciale per due...». Trascorrere il Natale a Genova senza la Bai è un po' come passare le feste senza mangiare il panettone. Molte persone però non sanno chi fosse Mario Baistrocchi, né come e perché questa Compagnia teatrale, unica nel suo genere, porti il suo nome. Pertanto mi permetto di scriverne la storia, qualora fosse di interesse per qualche lettore.
Tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno del 1913 gli studenti dell'Università di Genova si accingevano a riprendere in mano i libri che avevano abbandonato per godersi appieno le meritate vacanze. Tra gli altri si ritrovarono i soliti amici fra cui si distingueva Mario Baistrocchi, studente di Giurisprudenza e dinamicissimo presidente dell'A.G.U. (la leggendaria Associazione Genovese Universitaria), giovane dal fisico prestante, di forte carattere, in possesso di una personalità carismatica tanto spiccata da procurargli vasto seguito tra i colleghi, entusiasta della vita goliardica e ricco di idee con cui trascinava gli altri a compiere le più svariate imprese, ora di alto significato morale, ora improntate a divertente stravaganza o scanzonata bizzarria.
Tra l'altro tale era la sua fervida intelligenza ed il suo brillante eloquio che, quale rappresentante ufficiale della Goliardia genovese, nel 1915 ricevette Gabriele D'Annunzio nel corso della visita che il Vate fece all'Università di Genova rivolgendogli un vibrante ed appassionato saluto ricambiato con alate espressioni di vivo compiacimento. Il Baistrocchi era giunto a Genova da Roma dove non aveva trovato un ambiente confacente alla sua mentalità. Di famiglia d'origine parmense, nacque il 18 febbraio del 1982 a Buenos Aires, città dove il padre Ettore, illustre medico anatomo-patologo (valorizzatore e direttore delle Terme demaniali di Salsomaggiore, fondatore dell'Istituto «Sanatorium» che ospitava i meno abbienti e che oggi porta il suo nome), si era temporaneamente trasferito per esercitare la propria professione in quell'Ospedale Italiano. Anch'egli aveva un carattere alquanto esuberante per cui potrebbe ricercarsi in una certa insofferenza tra padre e figlio la decisione assunta da quest'ultimo nel preferire di compiere i suoi studi a Genova piuttosto che a Roma o a Parma, a casa sua.
Ma torniamo al 1913. A quei tempi, non esistendo ancora cinema, radio, televisione, discoteche ecc. il divertimento massimo a livello popolare era il cafè-chantant, dal quale derivò il teatro «delle varietà» e, successivamente, la «rivista», che fece la sua prima indefinita apparizione a Milano nel 1886 con «Se sa minga», autore il brasiliano (!) Carlo Gomez. Ma fu nel 1908 che, sempre a Milano, nacque quella che viene considerata la prima moderna rivista, intitolata «Turlupineide», il cui autore, inizialmente anonimo, si scoprì successivamente essere il famoso critico e commediografo Renato Simoni. «Turlupineide» era praticamente una manifestazione goliardica a scopo benefico che con balletti, canti, frizzi e lazzi metteva alla berlina i Vip di allora. Tale fu il successo che presto,in tutta Italia, si produssero analoghe rappresentazioni e a Genova, in particolare, il 22 luglio del 1909 debuttò «La Colombeide», di Mario M. Martini e Laura Groppallo con musiche di Apollo Gaudenzi. Prendendo verosimilmente spunto da tali precedenti, è probabile che anche al Baistrocchi venne l'idea di realizzare uno spettacolo simile, prettamente goliardico, allo scopo di divertirsi e divertire, berteggiando politici e professori i quali ultimi incutevano nei tremebondi studenti un giustificato «terrore» (temporibus illis!!).
In virtù del suo entusiasmo, delle sue ottime capacità organizzative e, diciamolo pure, della sua simpatica faccia tosta, Baistrocchi trovò negli amici e nei parenti dei goliardi i «finanziatori», in Morici e Paltrinieri gli autori dei testi e nel teatro «Paganini» il locale dove esibirsi. Depredati vecchi bauli ed armadi per trarne acconci costumi previa mobilitazione di madri, zie, sorelle, nonne e fidanzate varie, create scene approssimative ma di buon gusto artistico, la Compagnia Goliardica Genovese esordisce finalmente con «L'allegra brigata», titolo forse mutuato dalla «lieta brigata» di decameroniana memoria. Ma in questa brigata, per quanto allegra fosse, si nota subito (eccome!) l'assenza sul palcoscenico delle rappresentanti del gentil sesso che diventerà una caratteristica costante (salvo due rarissime eccezioni) della Bai. I motivi? Probabilmente perchè in quegli anni le studentesse universitarie erano davvero poche, forse perché a quei tempi esibirsi in un teatro era considerato sconveniente per le fanciulle della morigerata società genovese, verosimilmente (e qui crediamo di colpire nel segno) perchè quel «travestitismo» un po' sguaiato rappresentava un'arditezza mai vista in passato suscitando dapprima stupore e quindi risate a crepapelle, in un continuo «crescendo» che si concludeva col trionfale can-can, tuttora classica chiusura di ogni rappresentazione baistrocchina.
Comunque sia, il 6 aprile del 1913 i timori e i tremori per la «prima» svaniscono di fronte al clamoroso successo dello spettacolo che suscita apprezzamenti e critiche tanto positive da indurre il Magnifico Rettore, l'illustre prof. Antonio M. Maragliano, a sollecitare i propri studenti a proseguire ulteriormente la riuscita iniziativa. Baistrocchi prese la palla al balzo e, colla consueta energia ed intraprendenza organizzativa da tutti riconosciutagli - tanto da meritarsi l'appellativo di «impresario americano» - sfruttò migliorandola l'esperienza precedentemente maturata per cui l'anno successivo (1914) mise in scena «Cercando la via» del leguleio Sandro Canessa e dell'ingegner-poeta Bruno Gallingani. Altro strepitoso successo! Ma mentre ci si accinge a dar vita al terzo spettacolo, scoppia la prima guerra mondiale. Bisogna partire per il fronte, organizzare un'altra ben diversa rappresentazione e Mario Baistrocchi non può tirarsi indietro.
Arruolato nell'arma del Genio, parte invece volontario allievo ufficiale nel corpo dei Granatieri; nominato sottotenente guida i suoi soldati collo stesso entusiasmo, la stessa baldanza, lo stesso spirito con cui animava i colleghi universitari. Ferito una prima volta ed insignito della medaglia di bronzo al V.M., torna in convalescenza a Genova circondato dall'affetto e dalle premure dei suoi dilettissimi Goliardi. Guarito, torna al fronte di combattimento al comando dei propri uomini finchè il 31 ottobre del 1917, nel corso di un contrattacco sulla Bainsizza nel tentativo di arrestare l'avanzata degli austro-ungarici, viene nuovamente colpito, questa volta a morte. Decorato di medaglia d'argento al V.M., gli viene conferita la laurea in giurisprudenza H.C.. Tragico epilogo di una giovane vita ricca di pregevole futuro!
Finito il conflitto, la vita riprende lentamente il suo ritmo normale e anche l'Università genovese ricomincia la sua intensa attività di studio. Gli anni passano, si ricompatta la Goliardia e, fra i tanti «begli spiriti», si distingue lo studente di giurisprudenza Luca Ciurlo (in seguito divenuto eminente ed indimenticato principe del Foro genovese), il quale rinnova l'idea di ricostituire una compagnia di rivista goliardica sull'impronta lasciata dai suoi predecessori otto anni prima. Detto, fatto! Lo stesso Ciurlo,unitamente a Goffredo Gustavino, nel 1922 compone e mette in scena «Bella... se vuoi venire!», pietra miliare del teatro goliardico. Quei ragazzi di allora però volevano dare un nome particolare e distintivo a questo sodalizio studentesco destinato a protrarsi nel futuro.
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