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Mario, il maestro del "vabbuò" che aggiustava ogni affare tra una sfogliatella e un’opera

NELL’OMBRA Anonimo e schivo, adora i libri gialli Parlava con tutti e cercava di accontentare ognuno

Mario, il maestro del "vabbuò" che aggiustava ogni affare tra una sfogliatella e un’opera

Milano - Predilige i maglioni a girocollo e le sfogliatelle, quelle ricce, che abitualmente consuma al caffè Gambrinus di Napoli, stesso posto dove - si dice - dava appuntamento agli amici per discutere di certe questioni. Mario Mautone, ingegnere edile nato alle falde del Vesuvio 57 anni fa, ha passato una vita negli uffici del provveditorato di via Marchese Campodisola. In quelle sale Mautone ha fatto carriera scalando le posizioni fino ai vertici dell’istituto. Una vita da grigio burocrate, si direbbe, illuminata solo da qualche romanzo giallo e dall’opera lirica al San Carlo di Napoli, due grandi passioni dell’ingegnere insieme alle sigarette, immancabile orpello tra dito indice e medio.

Chi direbbe mai che dietro agli occhialetti di quell’anonimo ministeriale si nasconda «il centro di un sistema di potere molto forte», «il volano di una serie di raccomandazioni in tutti i settori pubblici ed, in particolare, quello degli appalti»? La sua vicenda è un poliziesco dai risvolti inquietanti, col suicidio di un assessore amico, una trama degna del miglior Dürrenmatt.

L’ingegnere compirà 58 anni tra due settimane esatte, ma l’oroscopo di Astra, che prevede un 2009 fortunatissimo per i nati sotto il segno dell’Acquario, non sembra averci preso molto con lui finora. Il Capodanno lo ha passato agli arresti domiciliari, nella casa sulla bella via panoramica tra Napoli e Pozzuoli, con la moglie Maria Giovanna Papa, professoressa di latino e greco al liceo Dezza a Posillipo, istituto cattolico (dei frati Barnabiti) frequentato dai rampolli della buona borghesia napoletana. Lì studia anche uno dei due loro figli, mentre l’altro segue le orme di papà alla facoltà di Ingegneria. La moglie ha condiviso tutta la parabola discendente del marito, dal trasferimento a Roma, deciso dal ministro Di Pietro, fino all’ordine di custodia cautelare. Tanto è - raccontano - schivo e riservato il marito, un uomo molto potente a Napoli ma che tutti descrivono come un personaggio che ama stare dietro le quinte, tanto è aperta e animosa la moglie. Se ora lui non parla con nessuno, ad eccezione dei magistrati che anche stamattina lo interrogheranno, a parlare all’esterno invece è lei, Maria Giovanna in Mautone.

Era già finita nelle intercettazioni per un aggettivo non proprio ciceroniano riferito al figlio di Di Pietro, una volta saputo dello spostamento a Roma: quel cretino. «Tu non ti devi muovere da Napoli. Il potere che tieni qui non lo puoi tenere a Roma!» dice in una telefonata la moglie a Mautone. Toni da cui è invece lontano il serafico Mario, un napoletano di quelli riflessivi, che riceveva tutti per vedere di trovare una soluzione ai problemi. E in effetti, a leggere i verbali, a lui telefonavano proprio tutti: onorevoli, senatori, consiglieri, architetti, imprenditori, monsignori. E lui con tutti parlava, chiudendo la telefonata con un rassicurante «vabbuò». Anche ad una donna a cui garantì il suo interessamento, e che ora qualcuno descrive come la sua amante, tanto per dare un dispiacere in più alla moglie.

Casacche politiche vere e proprie non ne ha, perché è meglio non dispiacere a nessuno ed essere dalla parte di tutti, purché contino qualcosa. È diventato provveditore (era fino ad allora vice) nel 2003, quando il ministero delle Infrastrutture era guidato da Lunardi. Ma certo non è uomo di centrodestra, a giudicare dai suoi assidui rapporti con i politici della sinistra iervoliniana e bassoliniana, e con quelli dell’Idv. La perizia tecnica e la competenza non gli mancano, garantisce l’ordine degli ingegneri di Napoli di cui è stato presidente di commissione. Capacità pari solo a quella di mediare, l’arte partenopea di mettere tutte le cose «apposto», di cui Mautone è maestro.

Quello che invece si capisce meno, e che i pm non chiedono, sono i suoi rapporti con i Di Pietro, padre e figlio. Per descrivere quelli col Tonino ci vorrebbe uno psicanalista, ma uno bravo. Perché in lui devono aver prodotto uno sdoppiamento della personalità. C’è il Mautone che Tonino sceglie (notare: nel marzo del 2007) come presidente della commissione per la valutazione degli appalti nelle autostrade, e il Mautone che poi Tonino dice di aver appena sentito nominare. C’è il Mautone che il ministro, anche dopo averlo spostato dal provveditorato di Napoli al dicastero di Roma perché troppo «chiacchierato», si porta sempre con sé in giro per l’Italia (ancora a fine 2007 è lì con lui a inaugurare il rifacimento della torre cinquecentesca di Montenero di Bisaccia, nella foto, progetto da ben 750mila euro pubblici), e il Mautone che poi per Di Pietro diventa «un certo dottor Mautone».

L’uomo fidato e il rinnegato, il professionista da interpellare in ogni occasione e il paria da evitare con cura.

Un incomprensibile sdoppiamento che Mautone in una telefonata ha riassunto così: «Il ministro? È un mezzo pazzo».

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