Sin dallo scorso millennio, Mario Monti è il Gatto Mammone della Repubblica italiana. Quando non si sa che dire, su chi puntare, nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo e in ogni crisi, presagio di crisi, auspicio di crisi, spunta la sua candidatura a Palazzo Chigi. Lui, poverino, è candidato passivo, come il fumatore passivo, non è lui ad accendere la sigaretta, sono gli altri. Ma per spaventare i politici, o per spaventare i politici difronte, i dirimpettai agitano il suo nome. Partecipai alla metà degli anni '90 a un incontro italo-britannico a porte chiuse a Venezia, organizzato dalle due ambasciate; c'era pure Scalfaro, allora presidente.
Monti parlò del caso Italia e i bene informati sussurravano a tavola che sarebbe diventato premier. Passano i decenni e la sua candidatura riappare. Sarà perché è totalmente incolore, anche nella carnagione oltre che politicamente, e dunque non scontenta nessuno; non a caso fu commissario europeo nei governi Berlusconi e Dini, riconfermato da D'Alema e Prodi.
Sarà perché ha il look del Tecnico o meglio dell'elettrotecnico di valore; sarà perché in epoca di tagli Tremonti è un spreco, di Monti ne basta uno; sarà perché nelle sue generalità riassume e sintetizza la massima aspirazione estiva degli italiani, comprendendo l'alternativa mari o monti, ma
l'Illustre bocconiano riciccia sempre. E appena si fa il suo nome esce sul Corriere della sera il suo programma di governo in forma di editoriale. Poi la vacanza finisce e si torna, da mari o monti, in città.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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