Le polemiche sul cimitero di Staglieno vanno ben oltre i cancelli d'ingresso. Alle denunce dei cittadini che accusano la poca manutenzione del camposanto - considerato patrimonio artistico -, si aggiungono anche le proteste di chi lavora nella zona. Sono i marmisti e i fiorai di via Piacenza e di via Bobbio. Piccole e medie imprese private che segnalano un calo del proprio volume d'affari. «Temo che con il tempo si possa arrivare all'estinzione della maggior parte delle botteghe artigiane cimiteriali con conseguente perdita di posti di lavoro diretti e dell'indotto - spiega Renzo Granello, presidente marmisti Confartigianato di Genova. Sono a rischio bronzisti, ceramisti, insomma tutti coloro dai quali noi acquistiamo».
In sintesi, dalle dichiarazioni degli operatori emerge che le maggiori difficoltà sono soprattutto per quei privati che hanno scelto di continuare a lavorare in modo libero e autonomo senza essere legati da nessun vincolo con l'azienda comunale Asef. E nella zona sono nove le ditte di marmi non convenzionate. Aziende che non mancano di lamentare una forte caduta occupazionale malgrado, la ferrea volontà di continuare a sopravvivere nel mercato dei servizi cimiteriali. «I dolenti non hanno più facoltà di scelta in quanto la maggior parte degli stessi, nel delicato momento della perdita di uno dei loro cari - aggiunge ancora Granello -, sono immediatamente contattati da impresari di pompe funebri presenti all'interno degli ospedali cittadini e nelle cliniche private. Impresari che acquisiscono anche i lavori di marmo, rivolgendosi poi a poche ditte. Ed escludendone molte altre». Il problema sollevato dai marmisti sta dunque nel fatto, che se si è fuori da vincoli di associazionismo, il lavoro non c'è. «Invece di investire in una società municipalizzata - tuonano alcuni titolari di aziende di marmi in via Piacenza - bastava che il Comune investisse il denaro nella riqualificazione del cimitero. Questo avrebbe portato lavoro a tutti. E non soltanto a pochi. Se ce lo permettessero, potremmo poi, provvedere anche alla ristrutturazione delle tombe. Ma tutto ciò ci viene impedito da una burocrazia asfissiante che limita noi e gli stessi clienti». E le polemiche non si fermano anzi corrono come un fiume in piena. Perché anche i fiorai della zona - sedici per l'esattezza, legati tra loro in un consorzio - non risparmiano critiche all'amministrazione comunale. «Abbiamo cercato di tutelarci con un consorzio - attaccano furiose alcune donne dei chioschi che vendono fiori all'ingresso del cimitero -. Ci siamo invece ritrovati senza il capolinea del 34 e con ridotte possibilità di lavoro. Poche, anzi pochissime corone e addobbi per funerali, perché questi spettano soltanto a chi è legato alle grandi ditte di pompe funebri, private e comunali. Per non parlare poi degli ambulanti.
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