Marocco «senza veli» in festa a Milano

«I nostri mariti sono un po’ gelosi» ammette Nadia «Come i siciliani» scherza il cognato, citando Amato

Marocco «senza veli» in festa a Milano

Tè alla menta, cous cous, veli colorati che ricordano i mercatini dove «contrattare» è d'obbligo. All'appello mancavano solo gli incantatori di serpenti ma, con un po' di fantasia e complice la voglia di evadere da una città che si sta abbandonando al letargo estivo, ci si poteva anche lasciar cullare dall'idea di trovarsi nel mezzo della Djemaa el Fnaa, la grande piazza al centro di Marakkech. L'occasione? La festa organizzata dalla comunità marocchina (6.444 rappresentanti solo nel Comune di Milano) per l'anniversario dell'avvento al trono di Re Mohammed VI, il 30 luglio del 1999: «Il nostro sovrano ha promosso diverse riforme in campo politico, sociale ed economico- dice il console Mohiedine El Kadiri Boutchich, promotore dell'iniziativa - come quella del diritto di famiglia, nel 2004 (che, di fatto, parifica la posizione dei coniugi, ndr)». Lo scorso febbraio il Parlamento ha inoltre approvato una legge che ha effetti anche per le oltre 2500 marocchine "milanesi": «Anche le donne che hanno sposato uno straniero possono trasmettere la cittadinanza marocchina ai propri figli». Una novità importante, considerando che nella nostra città sono sempre più frequenti i matrimoni misti tra marocchine e italiani. L'emancipazione femminile, insomma, dalla madrepatria si sta gradualmente spostando anche all'estero: «Ci sono moltissime donne attive in città, soprattutto nel campo umanitario» continua il console. Quella marocchina, però, è una comunità che si distingue soprattutto per la sua abilità negli affari: «I settori in cui siamo più competitivi? Ristorazione, commercio e servizi» conclude.
Ma siamo sicuri che questa sia anche l'immagine che filtra all'esterno? Risponde Al Bashir Taoufik, mediatore culturale: «Se guardiamo i numeri la nostra comunità è una delle più attive in Lombardia, ma la gente che lavora al massimo la incontri al supermercato il sabato mattina e non fa notizia. Così i media danno spazio alla minoranza che delinque». In passato era diverso: «Dopo l'11 settembre è cambiato tutto. Ora capita spesso che mia moglie venga guardata con sospetto a causa del velo». Al suo fianco Nadia Taoufik, per l'occasione in abiti tradizionali, annuisce. All'inizio è il marito a parlare per lei, poi risponde timidamente sulla ragione per cui lo indossa: «Perché la bellezza deve essere riservata solo al marito, come prevede la religione» dice, aggiungendo che la sua è una libera scelta: «Indossarlo per imposizione non ha senso, è il cuore che risponde ai principi, non il velo». Non sarà che questi mariti musulmani sono un po' troppo gelosi? Nadia ride: «In effetti un po' sì». Un parente s'intromette parafrasando la celebre gaffe di un nostro ministro: «Un po' come da voi i siciliani».


La musica scema, i foulard colorati lasciano la sala, in bocca scompare lentamente anche il sapore dell'uva sultanina. La piazza si ritrasforma in un grande albergo nella Milano semideserta. Almeno fino ad ottobre, quando, come preannunciato dal Console, sarà «Lo spirito di Fez» a soffiare sulla città.

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