RabatOggi i marocchini vanno alle urne per dire sì o no a una riforma costituzionale, figlia della nuova atmosfera creata nella regione dalle rivolte arabe. A febbraio e marzo, mentre al Cairo crollava il regime di Hosni Mubarak e la Libia si spaccava a metà, migliaia di marocchini sono scesi in strada per protestare contro il potere del re e del suo ristretto entourage, che controllano la politica e leconomia nazionali.
Allinizio di marzo, il giovane sovrano Mohammed VI ha deciso di porsi al riparo dal dissenso annunciando una serie di riforme tese a trasformare il suo regno in una monarchia costituzionale. La mossa ha creato grandi aspettative che oggi si infrangono, secondo lopposizione, contro la realtà di una riforma definita da molti «cosmetica». «La speranza e il sogno erano grandi e il risultato è appena ragionevole», ha scritto nel suo editoriale Karim Boukhari, direttore di Tel Quel, quindicinale marocchino e voce indipendente della stampa locale. Lopposizione del 20 Febbraio - dal giorno della prima grande manifestazione di piazza - che si consolida attorno a un gruppo di giovani attivisti e blogger, ad alcuni piccoli partiti della sinistra più estrema, qualche sindacato e il partito islamista illegale Giustizia e Spiritualità, boicotta il voto. «La società civile non è stata chiamata a redigere il testo costituzionale, che è il frutto del lavoro di una commissione di uomini vicini al re», spiega Zeinab, attivista ventenne. Mercoledì sera, assieme a un piccolo gruppo di giovani e sindacalisti, ha distribuito volantini nel centro di Rabat in favore del boicottaggio. I passanti prendono il foglio di carta, lo leggono. Si formano capannelli, si creano discussioni. Una ragazza, lo smalto rosa sulle unghie, i jeans attillati, getta via il volantino con aria schifata. Sua madre, che veste la tradizionale djellaba, la tunica con il cappuccio, appallottola il pezzo di carta. Sono molti i marocchini che appoggiano il sovrano e oggi andranno a votare in favore della nuova costituzione. Le previsioni sono positive per il re. La breve campagna referendaria è stata dominata dai partigiani del «sì». La capitale Rabat è tappezzata di manifesti contro il boicottaggio: «Io parteciperò», è scritto sotto la faccia sorridente di una ragazza. A sostenere la riforma ci sono i maggiori movimenti politici del Paese. Gli emendamenti costituzionali al centro della riforma garantiscono al primo ministro maggiore autorità esecutiva, rafforzano lindipendenza della magistratura, il ruolo del Parlamento. Il re, che in Marocco si considera diretto discendente del Profeta Maometto, perde il suo status di sovrano «sacro». Resta però «la Guida dei fedeli». Lopposizione non vuole però una riforma a metà. «Il Marocco rimane una monarchia assoluta», scrive ancora il direttore di Tel Quel. Il sovrano mantiene il potere di dichiarare lo stato di emergenza, è il comandante supremo delle forze armate, può mettere il veto sulle nomine del premier.
LUnione europea ha dato il benvenuto al processo di riforme, «che segnala un chiaro impegno alla democrazia». Per i vicini europei, Italia per prima, la stabilità del partner marocchino è strategica. Nel Paese le manifestazioni popolari sono state più contenute e meno violente rispetto a quelle in altri Paesi arabi. Tuttavia, il dissenso di questi mesi ha messo un freno al commercio e al turismo esteri. Gli italiani interessati ad aprire unattività nel Paese hanno deciso di aspettare, ha spiegato al Giornale Chiara Bellarani della Camera di Commercio italiana a Casablanca, e due grandi delegazioni commerciali italiane hanno rimandato il loro viaggio in Marocco. Il turismo risente sia dellinstabilità politica sia degli effetti dellattentato che ha colpito la capitale turistica del Paese, Marrakesh, ad aprile, uccidendo 15 persone.
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