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Maroni protesta: «Piano carceri peggio dell’indulto»

RomaAngelino Alfano ci crede davvero al suo disegno di legge «svuota carceri», ma il collega Roberto Maroni gli rompe le uova nel paniere. «Peggio di un indulto», sbotta il ministro dell’Interno. «Macché - replica il Guardasigilli - niente nuovi indulti o nuove amnistie».
Si parla del provvedimento per concedere l’arresto domiciliare a chi deve scontare meno di un anno di prigione, che inizia il suo iter in Commissione giustizia della Camera. Le carceri scoppiano, con 70mila detenuti mentre la capienza regolamentare è 44.218 e il limite tollerabile 66.905. Ci sono stati 20 suicidi dall’inizio dell’anno e altri 28 tentativi. Per rispondere all’emergenza il 13 gennaio il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il ddl inserito nel Piano carceri presentato da Alfano. Alcuni stimano che 10-12mila detenuti potrebbero uscire dalle celle, altri parlano di poche migliaia. Il 16 aprile Berlusconi ha annunciato un decreto legge e ora che sul ddl per la cosiddetta «messa in prova» c’è bufera, si potrebbe tornare a un provvedimento d’urgenza per superare l’impasse. Magari domani, quando Alfano riferirà in Consiglio dei ministri sul Piano carceri.
Il provvedimento non piace all’inquilino del Viminale né alla Lega, perché «gli effetti non sarebbero una tantum, ma varrebbero sempre». Di qui la «valutazione negativa» di Maroni sull’impatto del ddl. Il ministro spiega dal Cairo: «Non siamo in grado di controllare le circa 10mila persone che andrebbero ai domiciliari: la metà è costituita da stranieri e molti sono clandestini, senza casa, dove dovrebbero scontare i domiciliari?». Per Maroni un controllo, «per un numero così elevato di persone sarebbe possibile solo se fosse disponibile una tecnologia sul modello del braccialetto elettronico, che però ancora non dà adeguate garanzie».
Alfano risponde che è escluso dall’applicazione dei domiciliari il condannato che non ha un domicilio «effettivo e idoneo». Assicura che «nessun detenuto sarà messo in libertà», perciò il governo ha varato un Piano, con 600 milioni di euro il primo anno, per realizzare rapidamente nuove carceri con «norme straordinarie», oltre all’assunzione di 2.000 agenti. Quanto ai braccialetti elettronici, per il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), al Viminale ce ne sarebbero 400 inutilizzati.
Il botta e risposta tra Alfano e Maroni fa dire al Pd che «il governo è spaccato sul ddl bluff» e all’Idv che ha ragione Maroni: si tratta di un «indulto mascherato». L’Udc, perplesso sul ddl, vede il «governo bloccato» e chiede soluzioni alternative. Chi il provvedimento lo vuole tanto da fare lo sciopero della fame è il gruppo di radicali del Pd di Rita Bernardini. Che dice di Maroni: «Solo sparate demagogiche».
Opposizioni e finiani chiedono che i due ministri chiariscano qual è la posizione del governo in commissione Giustizia. Tra Alfano e Maroni è emersa «una serie di criticità», riconosce la presidente Giulia Bongiorno, precisando che «la ratio del provvedimento è sicuramente condivisibile». Visto che nessuna richiesta di audizione si può accogliere in sede referente, i due ministri sono stati invitati a «partecipare ai lavori».
Per il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, sarà il premier Silvio Berlusconi a dover decidere sulla querelle. Molte critiche al ddl arrivano dai magistrati e dall’Anm, che chiede correttivi. Alcuni giudici di sorveglianza, in un’audizione informale al Csm, hanno parlato anche loro di «indulto mascherato» e sottolineato che l’automatismo del beneficio per tutti potrebbe essere bocciato dalla Consulta, che già lo fece nel 2006 per l’«indultino».


Ma il coordinatore dei magistrati di sorveglianza Giovanni Tamburrino, che con una delegazione ha incontrato recentemente il Guardasigilli, dice che Alfano ha escluso ogni automatismo: ogni caso sarà valutato dal giudice.

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