Massacrò l’amante adolescente Condannato a 30 anni di carcere

La ragazza uccisa perché voleva rivelare la relazione alla moglie dell’uomo

Bepi Castellaneta

da Foggia

Trent'anni di carcere: è questa la condanna emessa nei confronti di Giovanni Potenza, il pescatore che il 12 novembre di due anni fa uccise Giusy Potenza, 15 anni, massacrata a colpi di pietra in un terreno incolto a ridosso del mare di Manfredonia, paesone del Gargano a una trentina di chilometri da Foggia. L'ultimo atto del processo svoltosi con rito abbreviato è stato scritto ieri pomeriggio, quando il gup Lucia Navazio ha letto la sentenza accogliendo in pieno la richiesta dell'accusa rappresentata dal sostituto procuratore Vincenzo Maria Bafundi.
Il corpo senza vita di Giusy fu trovato il giorno dopo la scomparsa della ragazzina, sparita dopo essere uscita di casa per andare a comprare due cd. Il paese sprofondò nel terrore, le ipotesi si accavallarono fino a quando la polizia non riuscì a ricostruire quanto accaduto in quel fazzoletto di terra a pochi passi da una scogliera. La quindicenne aveva una relazione con il pescatore, un suo procugino: i due si sono appartati in auto, lui la voleva lasciare, lei minacciava di rivelare tutto a sua moglie. E così è scattata la feroce follia omicida: la quindicenne è stata uccisa con una pietra, l'assassino ha infierito colpendola più volte alla testa, il corpo è stato abbandonato laggiù. Giovanni Potenza, 29 anni, fu arrestato il 23 dicembre: l’uomo fu bloccato dopo lo sbarco dal peschereccio e decise di confessare fornendo però una versione segnata da diversi lati oscuri: secondo le sue dichiarazioni la ragazzina si allontanò dall'auto e precipitò dalla scogliera, lui in un primo momento la soccorse e poi la colpì. Un racconto che non ha mai convinto gli inquirenti: anche per questa ragione l'accusa ha chiesto e ottenuto il massimo della pena previsto per i procedimenti con rito abbreviato. L'avvocato di parte civile, Raul Pellegrini, si dice soddisfatto per la sentenza, definita «giustissima». Ma lo zio della ragazzina, Matteo Rignanese, non nasconde la propria rabbia. «Il dolore che sento è ancora molto grande, per me non è questa la giustizia, la giustizia la farò io, col tempo». Poi, con riferimento all’imputato afferma: «Ci sono altre persone che sta coprendo e non vuole parlare, ma questo è peggio per lui perché la cosa non finisce qui».
La famiglia di Giusy Potenza è stata distrutta da quella serata di follia.

Il padre, Carlo, fu arrestato nel maggio 2005 per aver ferito a coltellate il padre di una delle conoscenti della vittima, due ragazze che secondo gli investigatori in alcune circostanze l'avrebbero indotta a prostituirsi; pochi mesi dopo, a ottobre, una nuova tragedia: la madre di Giusy, Grazia Rignanese, al settimo mese di gravidanza, non resse alla disperazione e decise di togliersi la vita impiccandosi nella sua abitazione.

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